«Così i giovani del Vomero ci portano soldi e gioielli per una dose di cocaina»

C'è chi faceva il falegname, chi lavorava in una ditta di pulizie, chi invece si arrangiava con lavoretti saltuari, magari in nero, ma pur sempre dignitosi. Tutti hanno...

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C'è chi faceva il falegname, chi lavorava in una ditta di pulizie, chi invece si arrangiava con lavoretti saltuari, magari in nero, ma pur sempre dignitosi. Tutti hanno cambiato attività e in pochi mesi si sono messi a spacciare droga. Nomi strani: oltre al fumo, all'erba, alla cocaina e all'eroina, compaiono espressioni come «sky 1», altra miscela dello sballo assicurato. Sono quelli di «abbasc Miano», che sanno di avere un pezzo di Napoli in pugno: quella dell'area collinare, del Vomero e dell'Arenella, dei ragazzi dell'altra Napoli, disposti a tutto pur di non rinunciare alla trasferta sotto la Metropolitana o tra i caseggiati popolari a ridosso degli svincoli autostradali. Inchiesta a carico del clan Cifrone (clan nato dopo lo smantellamento dei Lo Russo di Miano), decine di arresti, sentiamo come si esprime Luca Covelli, a proposito dei clienti napoletani, rivolgendosi a un ragazzo indeciso se mettersi a spacciare o no: «Fratello, per la cocaina ti portano oro e bracciali, ti porteranno anche le loro sorelle». Ma è una sorta di campagna acquisti, quella di Luca Covelli, lui che si vanta di essere stato 17 anni in cella. Da un lato la gente del posto, che deve mettersi a spacciare per lui («a sistema», «a telefonino», «in proprio, ma con la tangente»), dall'altro la parte buona della città: lavoratori, studenti, figli di un altro quartiere, che vengono a Miano e a Piscinola solo per acquistare ogni genere di sostanze stupefacente. Inchiesta condotta dal pm Maria Sepe, dopo gli arresti del clan Balzano, dopo la disarticolazione del clan Lo Russo (per dieci anni colpiti dalle indagini del pm Enrica Parascandolo), ora arrivano le manette per i Cifrone. Una famiglia che un tempo viveva di un lavoro onesto, grazie all'attività di un negozio di ferramenta, finita poi al centro delle indagini anticamorra.

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Blitz firmato dal gip Tommaso Perrella, partiamo dai nomi degli indagati destinati al carcere: Claudio Colmayer, Luigi Cifrone, Salvatore Cifrone, Stefano Di Fraia, Luigi Di Pinto, Umberto Fiorillo, Gaetano Gervasio, Marco Guerra, Francesca Iacopo, Giuseppe Marciello, Ciro Milano, Salvatore Scarpellini, Salvatore Scarpellini, Pasquale Scotto, Raffaele Scotto, Luigi Staiti, Gaetano Tipaldi, Salvatore Varriale; finiscono ai domiciliari Assunta Covelli, Pasquale Pelliccia; divieto di dimora per Mario Barbaro e per Martino Fuiano; Giuseppe Taverriti. Risulta invece irreperibile il presunto boss Gaetano Cifrone, destinatario di una misura cautelare in carcere. Ma torniamo alle accuse mosse dalla Dda di Napoli. Droga e racket, attività da condurre a tappeto, per ventiquattro ore al giorno. Spiega il presunto capopiazza a un suo aspirante affiliato: «Statemi a sentire, fatevi una squadretta, cominciate a lavorare come dei figli di buona donna, dovete stare nascosti dietro i palazzi, dovete essere come dei guerrieri Ninja...». Tutti ad inseguire un sogno, quello di aprire una grande piazza nel Lotto b, dove ingoiare le richieste di una fetta di napoletani, quelli provenienti dai quartieri ricchi, borghesi, che non hanno timore - sempre di notte - ad offrire soldi, ma anche gioielli e finanche le proprie sorelle in cambio di una dose di cocaina». 

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Poi c'è il racket. Anche in questo caso pesano le ricostruzioni emerse da lunghe intercettazioni ambientali. Nessuna denuncia da parte delle vittime, sono decine i commercianti taglieggiati. In che modo? Con il racket delle forniture, che impone di acquistare sempre la stessa merce dallo stesso «rappresentante», vale a dire da quelli del clan Cifrone. E c'è un trucco svelato sempre da una cimice, in base al quale il primo approccio con i commercianti viene gestito da un tipo ben vestito, che si presenta bene. È lui il rappresentante, a cui spetta l'incarico di imporre il pizzo e di accettare sempre le stesse forniture (ovviamente qualità e prezzi imposti dalla camorra). Se poi il commerciante si oppone, nel negozio arriva la manodopera violenta, quelli dei Cifrone, che non esitano a usare modi meno affettati e più violenti. Anche in questo caso - a sentire i dialoghi captati - esiste una lista di vittime, che «passa di mano in mano», tanto per assicurare l'esistenza della prossima famiglia criminale pronta a riempire i vuoti lasciati da blitz e sequestri.

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Il Mattino