Campi Flegrei, il vulcano irrequieto: «La zona più a rischio eruzione è la Solfatara»

Campi Flegrei, il vulcano irrequieto: «La zona più a rischio eruzione è la Solfatara»
Erano gli anni Ottanta quando una serie di piccoli terremoti ha scosso i Campi Flegrei, il supervulcano silente a ovest di Napoli: il suolo della zona si è sollevato di...

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Erano gli anni Ottanta quando una serie di piccoli terremoti ha scosso i Campi Flegrei, il supervulcano silente a ovest di Napoli: il suolo della zona si è sollevato di circa due metri. Oggi gli scienziati sanno che la ragione di «quell'irrequietezza» va ricercata in una «zona calda», composta da fluidi o magma, che si trovava nel sottosuolo a largo di Pozzuoli a circa quattro chilometri e mezzo di profondità. È quanto emerge dallo studio pubblicato su Scientific Reports dal gruppo di ricercatori italiani guidati dal sismologo Luca De Siena, dell'università britannica di Aberdeen. Allo studio hanno partecipato anche l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l'Osservatorio Vesuviano, università Federico II di Napoli e università del Texas. 


De Siena, cosa avete scoperto?
«Studiando gli sciami sismici di quegli anni, abbiamo ottenuto una sorta di radiografia di ciò che è successo nel sottosuolo in quel periodo. E abbiamo individuato una 'zona calda' posta a circa 4 chilometri di profondità nel mare, al largo di Pozzuoli. Tecnicamente si tratta di una zona di alta attenuazione: le onde sismiche entrano al suo interno e perdono gran parte della propria energia». 

Che cosa c'era in questa zona?
«L'attenuazione è strettamente legata alla presenza di fluidi caldi. Quindi al suo interno poteva esserci magma, acqua, gas, roccia calda, provenienti dalla camera magmatica posta a 7-8 chilometri di profondità». 

E perché non c'è stata un'eruzione?
«I primi due chilometri dei Campi flegrei sono molto particolari: sono fatti di una specie di roccia che è in grado di "ammortizzare" l'effetto di un'eruzione. Questo spiega il motivo». 

Lo studio analizza anche la distribuzione della sismicità. Cosa avete scoperto?
«Che prima tutta la sismicità era tra Pozzuoli, dove si verificava una sismicità profonda, e la Solfatara, interessata da una sismicità superficiale. Mentre a partire dal primo aprile 1984 la sismicità ha iniziato a interessare la zona di Monte Nuovo, probabilmente per via dell'apertura di una sorta di condotto in cui sono confluiti i fluidi caldi».

Ma cosa c'è oggi nel sottosuolo?

«Qualunque cosa abbia prodotto l'attività sotto Pozzuoli negli anni '80, è probabilmente migrata altrove.  Quel che c'è oggi non lo sappiamo. E non possiamo ottenere immagini con la stessa tecnica perché il vulcano ha smesso di avere sismicità, i terremoti sono molto pochi e molto sparsi. Alcuni sostengono ci sia uno strato di magma, o di fluidi caldi, che è risalito all'interno della caldera. Questo sarebbe preoccupante perché i fluidi possono dar origine eruzioni di tipo freatico con esplosioni di vapore, cenere, rocce e bombe vulcaniche. Da questo punto di vista, la zona della Solfatara rimane la più pericolosa in questo momento. Con un'altra zona a ovest della Solfatara». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino