«Mi hanno fatto aspettare ore, dato pochissimo spazio e poi maltrattata. In una parola, mi hanno umiliata. Per questo ho deciso di andarmene, preferisco starmene a cena con...
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Tunisina, cinquant'anni, da tempo legata all'Italia e a Napoli, dove vive: «Sono perdutamente innamorata di questa città». Tanto da candidarsi tra le liste di De Magistris, alle ultime elezioni amministrative. Cantante, ma anche attrice, ha preso parte a due film di John Turturro: «Passione» in cui esegue, in un melange arabo e napoletano, «Nun te scurdà» degli Almamegretta e «Tammurriata nera», poi «Gigolò per caso», con Woody Allen e Sharon Stone.
Un curriculum di prestigio, dunque. Che non le è valso, a quanto pare, un trattamento all'altezza da parte degli organizzatori della notte del 31 dicembre, in cui doveva esibirsi come parte del collettivo dei Terroni Uniti, di cui ha diviso l'esordio a Pontida e i singoli/videoclip di lancio, compreso quello preparato per la fine dell'anno, «Non è che l'inizio». Ma la partecipazione della tunisina di Napoli sarebbe stata «ridicolizzata. Le mie proposte artisticvhe sono state definite da sagra di paese».
Ricapitoliamo: quando è stata convocata per la serata?
«Un mese fa, ma la definizione della scaletta è avvenuta verso metà dicembre. Non ho potuto partecipare perché avevo la febbre. Si era optato per esibizioni corali, collettive, mi hanno chiesto di proporre delle idee, dei brani, ne avevo scelti alcuni del mio repertorio come Guaglione, Luna rossa, Nun te scurda e qualcun altro».
Il budget non era altissimo.
«Praticamente un'inezia: cinquecento euro per una serata così importante. Per spirito di partecipazione, avevo accettato».
Così il 28 dicembre si presenta alle prove.
«Ci vediamo in una sala cittadina. La convocazione era alle 11 ma fino a ora di pranzo non vengo quasi calcolata. Verso le due del pomeriggio mi chiamano e capisco alcune cose: volevano farmi cantare in alcuni brani che non conoscevo, magari anche in inglese, lingua che non frequento molto: io canto in arabo, francese, napoletano e italiano, e mi piace preparare le cose con attenzione. Alle mie obiezioni sulla lingua mi hanno chiesto di inventare, di lanciarmi, che tanto tra arabo e inglese nessuno avrebbe capito. Possibile rispettino così poco il pubblico? E che dimentichino che ci sono artisti, come il foggiano Arbore, celebrato con una mostra a Palazzo Reale, di fronte al palco di piazza del Plebiscito, o il Volo, che con le melodie napoletane fanno fortuna, girano il mondo? A volte Napoli non riesce ad amarsi, si vergogna spesso di sé. Ma forse i classici napoletani, da Carosone a Pino Daniele, li canterà qualcun altro».
E le sue proposte?
«Nessuno dei brani che avevo inviato è stato accettato, Guaglione e Luna rossa sono state definite roba da sagra. Da tunisina ho deciso di andarmene per il rispetto che porto ai classici partenopei, antichi e moderni, e per me stessa. Ho pensato che era meglio starmene tranquilla a casa con mio figlio, a godermi la cena e i fuochi a mare. Peccato, mi sarebbe piaciuto scambiarmi in piazza gli auguri con il sindaco e con alcuni dei cantanti e musicisti coinvolti, che stimo artisticamente ed umanamente».
Come interpreta quanto è successo?
«Avevano bisogno di me solo come nome, non in quanto artista. Avrei assicurato quel tocco di femminilità, di esotismo e di presenza che va sempre bene, a patto di non coinvolgermi. Volevano la bella che non balla. Mi ha fatto male constatare che nessuno prendeva le mie parti. Mi sono sentita isolata. Poi, però... ho pensato a far festa con Fadel. A proposito, buon anno a tutti, terroni e non, uniti e non». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino