«Il nostro auspicio è che per il centenario della morte il Comune renda il giusto omaggio a Enrico Caruso. Sarebbe vergognoso per le centinaia di appassionati che...
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Qual è il suo legame di discendenza con Enrico Caruso?
«Mio nonno Giovanni, da cui io ho preso il nome, era il fratello».
Ritiene che la città natale non tiene nella giusta considerazione il tenore dei due mondi?
«È una battaglia che conduciamo da anni, non crediamo più a niente».
Nemmeno al fatto che per iniziativa di due privati dovrebbe finalmente vedere la luce il Museo nella casa dove Caruso nacque?
«Con mia sorella Annamaria siamo gli unici a occuparci di questa vicenda paradossale da anni, insieme all'amico, cultore e storico di Caruso, Guido D'Onofrio, ma non si è mosso mai nulla. Per noi sono solo annunci da prendere con le molle, tenuto conto che viviamo in un periodo particolare: la fase post Covid, la campagna elettorale».
Lei ha detto che siete gli unici della famiglia a occuparsi della valorizzazione di Caruso a Napoli. E gli altri discendenti?
«Fanno orecchie da mercanti, non hanno interesse. Chi vive in Toscana, chi in America. Noi viviamo qui e sappiamo cosa Caruso ha significato e significa per Napoli».
Cosa c'è a Napoli che lo ricorda?
«Al cimitero di Santa Maria del Pianto, nell'area dedicata agli uomini illustri, c'è una cappella di cui curiamo la manutenzione a nostre spese. Perché il Comune non se n'è mai interessato. Pensi che oggi sul soffitto dall'esterno stanno crescendo alberi di fichi e nonostante l'anno scorso siano stati fatti lavori alla guaina di sopra persistono le infiltrazioni. Mi chiedo dunque e chiedo alle amministrazioni locali: come si fa a lasciare all'abbandono e all'incuria un'opportunità del genere per la città, in termini di arte, storia, cultura, turismo?».
Ma c'è anche una strada intitolata a Enrico Caruso.
«Sì, ma è una stradina con case popolari al Rione Alto invasa dai cassonetti dell'immondizia. Perché non si intitola a Caruso una strada di Posillipo o nel quartiere dove è nato?».
Lo ha mai chiesto alle istituzioni?
«Sempre. Due anni fa lo chiesi al sindaco de Magistris durante una trasmissione radiofonica. Mi rispose che la commissione toponomastica avrebbe dovuto valutarlo, poi non se ne fece più nulla».
Perché questa città, secondo lei, non ricorda degnamente il suo illustre cittadino?
«Non c'è mai stata volontà politica e amministrativa. In tutti questi anni ho contattato diversi sindaci, come la Jervolino, che fece ritinteggiare la cappella, ma ci disse che il Comune di più non poteva fare».
All'estero invece?
«Pochi giorni fa per l'anniversario della morte sono arrivati artisti da altri Paesi, tra cui una coppia di cantanti lirici messicani che hanno intonato Granada davanti alla cappella: è stato emozionante. Ma vengono anche dall'Islanda, da Chicago. C'è di più».
Cioè?
«Il Metropolitan di New York ci ha chiesto in via informale di poter ospitare le spoglie di Caruso, dato che in quel teatro lui fece 660 repliche consecutive. Sarebbe uno smacco per Napoli. Perciò rivolgo un appello al Comune: faccia la sua parte e metta in sicurezza la cappella, dove l'anno prossimo per il centenario della morte arriveranno associazioni da tutto il mondo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino