Castellammare: skipper morta nell'incendio del veliero, dopo un anno non c'è ancora la verità

Castellammare: skipper morta nell'incendio del veliero, dopo un anno non c'è ancora la verità
Un guasto all’impianto elettrico o al motore, oppure il malfunzionamento di un piccolo elettrodomestico a bordo. A un anno di distanza, resta ancora il giallo sulla morte di...

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Un guasto all’impianto elettrico o al motore, oppure il malfunzionamento di un piccolo elettrodomestico a bordo. A un anno di distanza, resta ancora il giallo sulla morte di Giulia Maccaroni, la skipper 29enne di San Vito Romano, morta asfissiata nell’incendio del veliero «Morgane» ormeggiato nel porto turistico di Marina di Stabia a Castellammare. Una tragedia avvenuta nella notte tra domenica 29 e lunedì 30 agosto dello scorso anno, sulla quale le indagini – coordinate dalla Procura di Torre Annunziata – non si sono mai fermate. 

All’inchiesta manca un ultimo tassello, legato a una perizia tecnica sull’imbarcazione, che potrà dire con certezza se ci siano responsabilità per la morte tanto assurda della giovane romana oppure se si sia trattato di una tragica fatalità. Nel corso dei dodici mesi fin qui trascorsi, sono stati diversi gli accertamenti eseguiti dalla Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia che, già nelle prime ore, aveva acquisito il filmato integrale dell’approdo dell’imbarcazione a Marina di Stabia fino allo spegnimento del rogo. Dodici ore di video, che permisero di escludere immediatamente la presenza di altre persone a bordo del veliero.

Accanto al filmato, gli inquirenti hanno già a disposizione i risultati dell’autopsia che confermano la morte per asfissia di Giulia, escludendo di fatto anche l’ipotesi di un gesto volontario. Restano da chiarire, dunque, solo alcuni aspetti prettamente tecnici, legati al funzionamento degli impianti interni e all’anomala accensione del motore durante il rogo. Per il momento, restano iscritti nel registro degli indagati l’armatore, il comandante dell’imbarcazione e il titolare della società di charter che gestiva il noleggio del veliero «Morgane» ormeggiato nel porto turistico di Marina di Stabia. Come atto dovuto, la Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituto Andreana Ambrosino) ipotizza i reati di incendio, sommersione (una declinazione del reato di naufragio) e omicidio colposi.

Le ultime ore di vita di Giulia furono ricostruite già il giorno successivo, proprio grazie alla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza interno al porto turistico. Il veliero era rientrato a Castellammare di Stabia dopo sei ore ininterrotte di navigazione intorno alle 16 di domenica. Gli otto ospiti che avevano prenotato la vacanza in Sicilia erano sbarcati, avevano salutato l’equipaggio ed erano andati via. Durante il viaggio era stato necessario il supporto di un altro comandante poiché il mare era leggermente mosso. Una volta a Marina di Stabia, Giulia aveva chiesto di poter dormire una notte a bordo per riposarsi dopo due mesi ininterrotti in mare, prima di mettersi in viaggio il giorno dopo per alcuni giorni di vacanza.  

La 29enne aveva cenato fuori ed era rientrata in serata, accompagnata fino alla barca da un amico. I due si erano salutati sulla banchina e lei, una volta a bordo, aveva ritirato anche il ponte sul veliero. Poi, dopo aver acceso l’aria condizionata, Giulia aveva scelto di dormire a poppa in una delle cabine per gli ospiti, perché quella per l’equipaggio non era climatizzata. Una scelta che potrebbe aver accelerato la morte, visto che nel ricambio dell’aria il monossido di carbonio potrebbe aver velocemente sostituito l’ossigeno mentre lei dormiva. L’incendio, poi, è scoppiato intorno alle 3:30 a metà scafo, verso la prua, mentre Giulia dormiva a poppa, ormai da ore. La skipper non si è accorta del rogo ed è morta nel sonno. L’innesco delle fiamme è il punto chiave di tutta l’inchiesta. A far scoppiare l’incendio potrebbe essere stato un malfunzionamento di strumentazione di bordo che potrebbe aver causato un corto circuito. Oppure il guasto di un piccolo elettrodomestico, come una macchinetta per il caffè, che potrebbe essersi surriscaldata, mandando in tilt l’intero impianto. Altra anomalia è legata al motore dell’imbarcazione, che si sarebbe acceso nel corso del rogo – per un falso contatto elettrico oppure per mettere in moto l’impianto di raffreddamento – continuando ad eliminare acqua dai bocchettoni fino all’affondamento. Nel frattempo, il relitto è stato custodito per un anno all’interno di un cantiere nei pressi di Marina di Stabia, dove è stato sottoposto a diversi accertamenti di natura tecnica. Le conclusioni della perizia diranno finalmente com’è scoppiato quell’incendio e come ha perso la vita una giovane skipper innamorata del mare. 

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Il Mattino