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Uno sconto di pena, sufficiente ad ottenere gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Si chiude così il processo d'appello per gli aggressori del carabiniere Giovanni Ballarò, che nella notte tra il 31 luglio e il primo agosto dello scorso anno offrirono il peggior spettacolo possibile nel cuore della movida di Castellammare, a due passi dalla Cassarmonica e dal lungomare. Accerchiarono il carabiniere che, libero dal servizio, stava provando ad intervenire per sedare un'altra lite scoppiata poco lontano per motivi di viabilità. L'appuntato Ballarò, siciliano d'origini ma da anni in servizio alla stazione carabinieri di Gragnano, non ebbe neanche il tempo di avviare il video dal suo telefonino. Fu accerchiato da un primo gruppo di aggressori, poi al branco si unirono altri giovani, prima del colpo da kappao con uno sgabello in metallo dietro la nuca. Una scena di violenza inaudita, davanti a decine di testimoni inermi e ripresa da una telecamera privata presente in zona. I carabinieri della compagnia di Castellammare, coordinati dalla Procura di Torre Annunziata, in poche ore ricostruirono la vicenda e in tre giorni furono arrestati tutti i responsabili.
Per questi fatti, ieri sono stati condannati tutti, anche se in secondo grado hanno usufruito di uno sconto sulla pena inflitta in primo grado che era di sette anni e due mesi di reclusione ciascuno per lesioni pluriaggravate, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Dovranno scontare sei anni di reclusione, in virtù del concordato tra difensori e accusa, Antonio Longobardi, Ferdinando Imparato, Carmine Staiano e Giovanni Salvato; un anno in meno (quindi cinque anni) il più giovane del gruppo, il 20enne Pio Lucarelli.
Al gruppo si accostò un secondo scooter con a bordo Pio Lucarelli, figlio di Giovanni, affiliato al clan D'Alessandro, ma operaio Fincantieri incensurato, in compagnia di Staiano. Infine, spuntò il sesto uomo, il 50enne Antonio Longobardi, l'uomo che scaglia uno sgabello dietro la nuca del carabiniere, facendogli perdere i sensi. Lui era intervenuto solo per dare manforte all'amico Imparato, ma non sapeva neanche il perché di quella aggressione. Rispose solo alla logica del branco. Praticamente tutti incensurati, assistiti dagli avvocati Francesco Schettino, Ciro Ottobre, Giuliano Sorrentino, Giovanni Sicignano, Antonio Cesarano e Andrea Somma, hanno confessato e risarcito una parte del danno. Dovranno risarcire anche il Comune di Castellammare di Stabia, che era parte civile.
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