L'innocenza negata. Il candore violato. Stuprato. La più brutta scuola della strada ha sferrato colpi indelebili, rubando sonno e spensieratezza ad appena undici anni...
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Gli investigatori del commissariato diretto dal vicequestore Vincenzo Gioia, l'altra mattina sono andati a prelevare gli indagati nelle proprie case: nel quartiere di Scanzano, storica roccaforte del clan D'Alessandro; lungo una strada di periferia; e nei vicoli malmessi dei quartieri antichi. Nelle prossime ore, sarà il giudice del tribunale per i minorenni a convalidare il fermo. Diretti da Maria De Luzemberger, gli inquirenti della Procura minorile, hanno messo insieme un dossier fatto di filmati e racconti raccapriccianti. Il 21 maggio - come abbiamo raccontato - la bambina che adesso ha dodici anni, protetta dalla mamma e dal papà, varca la soglia del commissariato. Alla polizia basta poco per capire che la storia arriva dritta dalle tenebre. In un attimo scatta la macchina del soccorso e del sostegno psicologico.
La conferma nel reparto di Ginecologia dell'ospedale San Leonardo di Castellammare. Le violenze sono state numerose. Sono inequivocabili le tracce fisiologiche sul corpo della piccola trattato come fosse un sacchetto della spazzatura. Comincia la caccia agli stupratori. Si tratta di due quindicenni e di un quattordicenne che quando è cominciato l'orrendo circolo vizioso erano ancora più piccoli. La prima violenza a dicembre 2017. Intorno alle 18, complice il buio precoce dell'inverno, il ragazzino di 13 anni, di cui forse lei si era semplicemente invaghita, la porta su una spiaggia. E la costringe a fare sesso. «Mi vergognavo di quello che ho fatto - ha raccontato nei giorni scorsi la bambina - Perciò ho creduto che tutto quello che ne è seguito fosse colpa mia». Intanto lui comincia a ricattarla con i video sul cellulare; a picchiarla, pretendere soldi, fino a tentare di rubarle un braccialetto d'oro. Impossibile, sottrarsi al baby bruto.
A marzo, ancora una violenza. «Voglio tutto, oppure queste immagini arriveranno alle tue amiche, ai tuoi genitori, ai tuoi professori». E lui, già avviato all'uso di droghe, le impone anche di fumare uno spinello: «Di quella sera ricordo poco», racconta ancora la piccola. Di nuovo botte e l'epilogo. La storia fra i due finisce. Ma a fine aprile, un amico del quattordicenne, la porta nel palazzo delle Terme. L'edificio ristrutturato a suon di milioni di euro pubblici, distrutto prima ancora di riprendere l'attività, gestito da una partecipata del Comune, sull'orlo del fallimento mentre personale sanitario e paramedico è disoccupato e da oltre tre anni attende di conoscere il proprio futuro. Nella struttura abbandonata per la «preda» non c'è stato scampo: qui ci sono anche il suo «ex» e uno sconosciuto. Assatanati, la riducono davvero male, filmando tutto. Adolescenti con atteggiamenti, pretese e linguaggio, che hanno stupito perfino gli investigatori. Da quel momento, la piccola non è più uscita di casa. «Ho litigato con le amiche. Non mi sento bene. Devo studiare». Troppo strano per la sua mamma. Preoccupante tristezza per un'adolescente allevata in una famiglia di gente perbene. Scatta l'allarme. Un allarme rosso, quando tutti si ritrovano davanti a quei filmati, quei personaggi, quella cattiveria. L'ultima sofferenza, quando tra psicologi, genitori, medici e investigatori, deve guardare alcuni tra quei video. Ma soltanto un po', perché non ha retto e hanno dovuto portarla via. Protetta, nell'incerto tentativo di dimenticare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino