Non è un film di fantascienza o la trama ipotetica di un romanzo di impronta kafkiana, ma è successo davvero: «Steve Jobs» è andato in tribunale...
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Subito dopo la creazione del logo del nuovo brand, i fratelli Barbato si sono visti recapitare in ufficio quattro enormi faldoni provenienti direttamente da Cupertino con cui la Apple accusava i due imprenditori di aver plagiato il loro storico logo. All’interno c’era l’intera storia della multinazionale e dei suoi prodotti con tanto di DVD con le registrazioni di tutti i lanci dei prodotti fatti da Steve Jobs in persona. «I documenti che ci hanno inviato parlano chiaro – spiega Giacomo – la Apple avrebbe avuto danni per un miliardo di dollari, nel caso in cui avessero approvato il nostro marchio».
«Per la realizzazione del logo abbiamo studiato approfonditamente tutta la normativa proprio per non entrare in conflitto con il colosso americano – dice Vincenzo – Il nostro logo è completamente diverso da quello di Apple perché si basa su una «J», una lettera, non su una mela morsicata con una foglia. Non è altro che una lettera alla quale manca un pezzo e in cima c’è un’ellisse, una figura geometrica, non una foglia». «Gli stessi faldoni che abbiamo ricevuto noi sono stati consegnati alla sede centrale dell’Ufficio Marchi e Brevetti – spiega Giacomo- Probabilmente ci volevano intimidire, ma, non glielo abbiamo lasciato fare».
«Abbiamo aspettato le sentenze dei tribunali, quello europeo, quello della Camera di Commercio… Tutti ci davano ragione, non c’era motivo per preoccuparci». Dopo due anni di diatriba arriva il verdetto dall’ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale: «Apple’s opposition is rejected». L’accusa del colosso americano si è basata sul fatto che il pezzetto mancante della J potesse sembrare un morso, proprio come quello della mela del famoso brand. Ma «una lettera non è un frutto e di conseguenza quello sulla lettera non può essere un morso», recita la sentenza.
Felici della propria vittoria che sembra un po’ quella di Davide contro Golia, i fratelli Barbato adesso progettano in grande: «Prima di tutto stiamo registrando il nostro brand in tutto il Mondo – dice Vincenzo – Abbiamo già iniziato a pensare a prodotti hi-tech che coniugano le più moderne tecnologie con il design». Non si spinge oltre nel definire meglio di cosa si tratti ma proietta su uno schermo qualcosa che appena si intravede e non si capisce cos’è. «Non posso dirtelo, lo scoprirete quando uscirà in commercio», dice.
I fratelli Barbato credono fortemente nelle nuove tecnologie ma soprattutto nelle idee brillanti. Perché ««La mia non è una fede nella tecnologia. È una fede nelle persone», come diceva Steve Jobs. Il loro team è interamente napoletano, dagli ingegneri agli addetti alla comunicazione. È difficile definire bene di quali prodotti si occupino perché il panorama è davvero variegato. Collaborano con startup come Sticky Factory specializzata in design e hanno già prodotto borse, t-shirt, jeans e accessori fashion misti a high-tech. Il brand ha già sponsorizzato un gioco per pc, Xbox e per PlayStation che sarà lanciato sul mercato a breve. E aprono una call: «Siamo pronti ad accogliere ogni progetto innovativo, la nostra mission sarà anche quella di supportare giovani talenti per lanciare idee vincenti sul mercato». Che dire? «Stay hungry, stay foolish». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino