Non è una delle «Tarantelle» a cui ha intitolato, con ironia verace, il suo ultimo album da poco uscito, ma un regalo alla città, la riqualificazione di...
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Il rapper di «Pianoforte a vela», da sempre attaccato alla sua terra, e non solo per l'uso che fa del dialetto/lingua nel suo spettacolare flow (il flusso linguistico che è alla base dell'hip hop), ha coinvolto Spotify e la Polydor (Universal) nella scommessa e, con il coordinamento del tavolo interassessoriale per la Creatività urbana del Comune, ha dato una nuova faccia al campetto di basket di piazza Medaglie d'oro, che ora ha un aspetto in stile «street art», firmato da Truly I Urban Artists, crew di giovani artisti: Emiliano «Ninja1», Emanuele «Rems182», Mauro «Mauro149» e Gabriele «Ride») avevano già realizzato l'anno scorso un tributo a David Bowie nella metropolitana di New York.
Naturalmente, la scelta della pallacanestro non è assolutamente casuale: «Ho voluto ringraziare con questo mio piccolo gesto Napoli e i napoletani per l'affetto, anzi l'ammore, scritto con due emme, con cui mi hanno sempre seguito. E l'ho fatto ridando vita a uno spazio di sport, di socializzazione, di ricreazione, che potrebbe diventare anche un ritrovo hip hop, visto che il basket è lo sport per antonomasia della nostra cultura. Sarebbe bello se nascesse qui il nuovo Michael Jordan, ma sarà bello comunque regalare sorrisi a ragazzi circondati da automobili e computer».
Sul campo ora c'è scritto Clementino sia sul lato destro che sul lato sinistro, i writer hanno usato «una tecnica anamorfica, da 3D: hanno scritto a terra, ma tu vedi le parole dritte davanti a te», racconta mister Maccaro (questo il cognome dell'artista), «con i colori campionati direttamente dalla copertina del mio disco, che si fondono in geometrie che richiamano un enorme orologio e il passare fluido del tempo».
«Dopo aver ascoltato per bene le canzoni contenute in Tarantelle», spiegano quelli della posse Truly I Urban, «abbiamo estrapolato due parole: passato e futuro per omaggiare Napoli, città stupenda che ha ospitato il nostro lavoro e che da sempre ispira l'immaginario musicale di Clementino e abbiamo deciso di scriverlo in dialetto napoletano: o' passato e o' futuro».
O passato e o futuro nella piazza che fu storica trincea di Autonomia Operaia negli anni Settanta/Ottanta e che poi ha faticato a trovare un nuovo vero ruolo di aggregazione, giovanile e non. Come i murales di Jorit o di Bosoletti, nella città paese per vecchi (o' passato), la modernità avanza inesorabile con le sue trasformazioni urbane (o futuro), spesso, come in questo caso, affidate all'intervento di un artista, di un mecenate, di uno sponsor. Perché a Napoli passato e futuro sono una sola cosa, figlie entrambi dell'arte di arrangiarsi. E tutto questo, come le mille «Tarantelle» e i mille canestri che questo campetto ora vedrà, Clementino lo sa benissimo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino