«Si sparavano tra loro, ma potevano ammazzarci», dice Eduin Jose Urbano in perfetto italiano, con un leggero accento partenopeo: originario di Santo Domingo, ha 26...
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IN OSPEDALE
Bellissima ed educata, capelli neri, il piercing al mento e le unghie curate, ricoperte di glitter rosa e gel, il volto contratto in una smorfia di dolore e gli occhi socchiusi: a mezzogiorno la ragazza è distesa da ore su una barella nel pronto soccorso del Vecchio Pellegrini. Quasi la sfiora il ministro della salute Giulia Grillo durante il suo tour nelle strutture sanitarie cittadine ripreso dalle telecamere e alle prese con casi malasanità. Una gamba è fasciata a causa della ferita da arma da fuoco, coperta dal lenzuolo. «La pallottola al momento non è stata estratta», sussurra la madre Fedra Matos, 39enne ma sembra una ventenne: è arrivata da Salerno dopo le 9, appena è stata avvisata da un’altra sua figlia, e accompagnata in ospedale dal cugino avvocato. Una famiglia unita e in regola, che estrae da una foderina di plastica (senza che sia richiesto) i documenti e mostra permesso di soggiorno ed è pronta a raccontare quanto accaduto proprio perché estranea a logiche criminali.
IN STRADA
«Ho sentito esplodere cinque colpi di pistola e ho visto quegli uomini in sella a una moto», dice Elaine senza sollevare il capo poggiato sulla lettiga, un ago conficcato nella vena. «In quel momento mi sono chinata per raccogliere il cellulare e sono stata ferita: ho avuto paura di morire».
«A sparare, i due in sella a una Honda Sh che inseguivano un centauro in fuga ad alta velocità», spiega Eduin. «Avevano il viso coperto da caschi integrali e una corporatura robusta: adulti d’età: no, non ragazzini», precisano entrambi, aggiungendo ulteriori dettagli. «Noi eravamo gli unici in strada a quell’ora», ma anche altri abitanti del vicolo hanno avvertito il trambusto iniziato una manciata di minuti prima, presumibilmente nella stradina parallela, in vico Neve.
Il ragazzo con il codino, che il mattino seguente indossa un jeans strappato e il chiodo di pelle nero, chiarisce perché era in strada: «Lavoravo in una pasticceria, ma in questo periodo mi sono impegnato a gestire il locale latino-americano di un mio cugino fuori Napoli per un altro impiego. Domenica sera non c’era proprio nessuno, quindi abbiamo chiuso e abbiamo fatto passeggiata. Un amico poi ci ha accompagnato in auto all’incrocio di via Santa Teresa degli Scalzi». Nel mezzo del raid. «Non mi sono accorto che Elaine era stata colpita: si è accasciata, quando mi ha avvisato. Così le ho preso le mani per arrivare fino al civico 57». Là il giovane ha fatto una corsa fino al ballatoio, ha recuperato le chiavi dello scooter («Non lo uso mai per andare in giro») e ha provveduto a raggiungere il Vecchio Pellegrini alla Pignasecca senza invocare aiuto o dover aspettare l’arrivo dell’ambulanza. Il 26enne ha atteso al mattino l’arrivo della madre della ragazza per fare ritorno a casa. E, nella strada della sparatoria, tra i bossoli ritrovati e sequestrati, è stato sentito dai carabinieri chiamati innanzitutto a ricostruire la dinamica e i contorni dell’agguato.
«Elaine e io siamo fidanzati da quasi due anni, in città ci troviamo bene, abbiamo amici napoletani: non ci è accaduto mai niente. Adesso, conclude Eduin, «ho avuto davvero paura di perderla». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino