La Corte Costituzionale boccia la possibilità per i Comuni in pre-dissesto che non sono riusciti a rispettare le tappe del risanamento previsto dal piano di riequilibrio di...
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Coinvolto, dunque, anche il Comune di Napoli che lo scorso novembre ha riformulato il piano di rientro dal disavanzo prevedendo di riassorbire il cosiddetto extra deficit, ossia il riaccertamento dei crediti inesigibili, in 30 anni con rate di 40 milioni l'anno fino al 2044. Anche il cosiddetto salva Napoli finisce per risultare, in virtù della sentenza, illegittimo qualora si dovesse accertare una saldatura del piano riformulato attuale con quello precedente del 2015 perché riporta un rateizzo previsto da una norma che è stata dichiarata incostituzionale. Un rilievo che potrebbe essere sollevato dal ministero dell'Interno che sta studiando l'istruttoria del Comune di Napoli o dalla Corte dei Conti campana.
Nella sua decisione, infatti, la Consulta fa saltare quel tipo di procedura per il 2017, per Pagani, e di riflesso per tutto il territorio nazionale, ma mette anche in discussione un modo di procedere considerato iniquo, perché sposta sulle generazioni future gli oneri e il default della generazione attuale. Quella norma cancellata concedeva una proroga ai Comuni che non avessero adottato le misure previste dal piano. «Di fronte all'impossibilità di risanare strutturalmente l'ente in disavanzo scrivono i giudici costituzionali Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi e Roberto Milana - la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose eredità. Diverse soluzioni possono essere adottate per assicurare tale discontinuità, e siffatte scelte spettano, ovviamente, al legislatore. Tuttavia, il perpetuarsi di sanatorie e situazioni interlocutorie, oltre che entrare in contrasto con i precetti finanziari della Costituzione, disincentiva il buon andamento dei servizi e non incoraggia le buone pratiche di quelle amministrazioni che si ispirano a un'oculata e proficua spendita delle risorse della collettività».
Per la Consulta, la norma dichiarata incostituzionale eluderebbe il principio di responsabilità nell'esercizio della rappresentanza democratica, perché consentirebbe agli enti locali coinvolti nella procedura di predissesto, e che non sono in grado o non intendono rispettare i termini e le modalità del piano di rientro, tra le altre cose «di non ottemperare alle prescrizioni della magistratura vigilante e di evitare comunque la dichiarazione di dissesto.
Di scaglionare in un trentennio gli accantonamenti inerenti al rientro del disavanzo. Di aggirare le complesse procedure di verifica di congruità e sostenibilità del piano». In pratica, nessuno degli amministratori eletti o eligendi sarà nelle condizioni di presentarsi al giudizio degli elettori separando i risultati direttamente raggiunti dalle conseguenze imputabili alle gestioni pregresse. Lo stesso principio di rendicontazione, presupposto fondamentale del circuito democratico rappresentativo, ne risulta quindi gravemente compromesso». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino