Coronavirus a Napoli, esami e interventi rinviati e gli altri malati aspettano

Coronavirus a Napoli, esami e interventi rinviati e gli altri malati aspettano
Pronto soccorso medico e chirurgico negli ospedali, cure ginecologiche, assistenza ai dializzati, prestazioni ambulatoriali urgenti o domiciliari per i malati oncologici,...

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Pronto soccorso medico e chirurgico negli ospedali, cure ginecologiche, assistenza ai dializzati, prestazioni ambulatoriali urgenti o domiciliari per i malati oncologici, attività di laboratorio di analisi, diagnostica e specialistiche indifferibili nei distretti delle Asl o negli ambulatori accreditati: è questo, in tempo di quarantena e di emergenza da Coronavirus, il ristretto recinto dell'assistenza in cui possono muoversi i cittadini malati, indenni al Covid 19 ma afflitti da altre patologie acute o croniche.


«I pronto soccorso sono pressoché deserti, molti pazienti rimandano i controlli e le visite, la limitata circolazione previene traumi e incidenti della strada. Ma la forzata permanenza in casa di adulti e bambini - spiegano dal Santobono - spinge a restare a casa anche quando è invece necessario andare in ospedale». Se si notano sintomi importanti bisogna chiamare il medico di famiglia o il pediatria di base, andare in ambulatorio o recarsi in ospedale. Diversi, a tal proposito, i casi emblematici: Sergio, quattro anni, portato in codice rosso al Santobono per un episodio convulsivo prolungato, ne aveva avuti altri tre nella stessa giornata, tutti gestiti a domicilio. Anna, nove anni, in pronto soccorso è disorientata e con affanno. Faceva tanta pipì da diversi giorni e beveva molto, ma stava a casa. Agli esami, un esordio di diabete con severa acidosi. Finisce in rianimazione. Poi c'è Antonio, 30 giorni: inizia a vomitare dopo ogni poppata, arriva in pronto soccorso quasi in choc. Aveva un problema chirurgico. Nomi inventati ma storie vere e per fortuna a lieto fine, legate da un elemento comune: la famiglia ha tardato la richiesta di una valutazione medica per paura di contrarre il nuovo coronavirus.
 
Ecco l'altro volto della sanità, quella che non chiude ed è sempre attiva a garanzia della salute dei cittadini. «In un intero giorno qui le uniche urgenze sono state un dito tagliato con il coltello da cucina e una frattura del femore per una caduta dallo scaletto - avverte un chirurgo dell'ospedale San Paolo di Fuorigrotta - in Chirurgia sono ricoverati solo 5 pazienti, in Ortopedia 4, Otorino è chiusa e la Cardiologia non ha reparto. Le urgenze? Molto ridotte anche quelle. I tumori? Qui abbiamo un'ottima senologia mia le donne non si fanno più vedere né controllare. La gente preferisce farsi consigliare per telefono e rinuncia alle diagnosi e anche alle visite dal medico di famiglia. Non vediamo più gli occlusi, i perforati, gli emorragici e tra i traumatizzati solo quelli banali che si infortunano tra le mura domestiche. Nemmeno i feriti da arma da fuoco, anche i malavitosi sono rintanati a casa».

Al Cardarelli invece, dove ieri per l'ennesima volta è stata sanificata l'area dell'emergenza per un accesso di un caso sospetto di Covid scoperto con ritardo, si lavora a ritmi più sostenuti. Sia nell'area del pronto soccorso e dell'Osservazione breve, sia nella Medicina e Chirurgia di urgenza, compresa la Neurochirurgia dove il personale attende che il primario Pasquale Caiazzo (ricoverato in rianimazione al Policlinico) guarisca dal Coronavirus. «C'è poco affollamento, le attività programmate sono ferme ma in questa settimana ho operato diversi ictus e alcuni aneurismi» aggiunge Mario Muto, primario dell'unità di Neuroradiologia interventistica. «Ovviamente sappiamo che ci sono molti pazienti in lista di attesa che dovrebbero operarsi. Alcuni, i casi più urgenti li operiamo, chi può rimanda». Non si può rimandare invece un infarto, e la rete tempo dipendente per assistere chi abbia un insulto cardiaco acuto è pienamente attiva. Come lo sono la rete trauma e la rete Ictus. Per i dializzati funziona il trasporto mattutino da parte delle unità speciali del 118.
 

La commistione di attività ordinarie e quelle infettivologiche per il Coronavirus va subito spezzata per rassicurare l'utenza. Servono ospedali dedicati e forse accorpamenti di funzioni per reperire il personale, in particolare gli anestesisti che servono per le unità di rianimazione in allestimento ovunque. L'obiettivo è anche evitare che gli ospedali diventino la nuova frontiera del contagio.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino