Coronavirus: rischio contagio in cella, scarcerato il killer della camorra di Secondigliano. Fece ritrovare il colpo sepolto di una vittima

Coronavirus: rischio contagio in cella, scarcerato il killer della camorra di Secondigliano. Fece ritrovare il colpo sepolto di una vittima
È stato un consulente tecnico del Tribunale del Riesame a metterci la firma: il detenuto è incompatibile con il regime carcerario (sebbene risulti ben assistito),...

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È stato un consulente tecnico del Tribunale del Riesame a metterci la firma: il detenuto è incompatibile con il regime carcerario (sebbene risulti ben assistito), perché in questo momento c’è il rischio di contagio da corona virus. Ed è questa consulenza a convincere i giudici del Riesame di Napoli (decima sezione) a concedere gli arresti domiciliari a Giosuè Belgiorno, condannato a vent’anni come killer della camorra di Secondigliano. Da venerdì notte ha fatto ritorno a casa.


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Decisivo il rischio contagio da Covid 19 (accolta l’istanza difensiva dei penalisti Massimo Autieri e Raffaele Chiummariello), alla luce di quanto potrebbe accadere in un ambiente non asettico: Belgiorno è un detenuto che fa uso di medicinali immunodepressori, che risulta sì ben curato nel centro clinico del carcere di Secondigliano, ma che resta a rischio. Dunque, può fare ritorno a casa. Forte di questa consulenza, il Riesame ha capovolto il provvedimento della Corte di Assise d’appello, che aveva negato la scarcerazione di Belgiorno, ritenendolo invece compatibile con l’assistenza offerta a Secondigliano.

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Ma chi è il soggetto che lascia la cella per fare ritorno a casa? È il due febbraio del 2011, quando Belgiorno partecipa all’omicidio di Antonino D’Andò. Un killer agli ordini del boss all’epoca emergente Mariano Riccio, in quella polveriera criminale che era periferia a nord di Napoli. Inchiodato dalle indagini condotte dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra, Belgiorno confessa assieme a complici e mandanti. Ricordate? La vittima venne attirata in trappola, uccisa a badilate, il corpo venne martoriato. Poi, al termine del processo di primo grado dinanzi al gup, il colpo di scena: killer e mandanti fecero ritrovare il corpo di D’Andò, indicandone il luogo della sepoltura, chiudendo di fatto un caso di lupara bianca. Oggi, c’è il via libera ai domiciliari, anche se quello di venerdì sera non è l’unico provvedimento adottato dai giudici in questo senso. Solo negli ultimi trenta giorni, sono state decine le scarcerazioni in tutta Italia, alla luce di fattori diversi, tra cui l’attenuazione delle esigenze cautelari, le condizioni di salute, ma anche il rischio contagio da corona virus.

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Pochi giorni fa, ha ottenuto i domiciliari Antonio De Luca (su richiesta del penalista Antonio Di Iorio), ritenuto esponente dello cosche vesuviane radicate tra Ponticelli e Volla. Venerdì scorso è stato scarcerato Pasquale Cristiano (ritenuto boss del gruppo delle palazzine ad Arzano), rimasto coinvolto in una vicenda di estorsioni, per il quale la Corte di appello ha accolto le richieste degli avvocati Dario Vannetiello e Vincenzo Di Vaio). Giustizia a maglie larghe per Salvatore Carullo, genero del boss Longobardi, condannato a tre anni e quattro mesi (per una vicenda estorsiva all’ombra dell’ospedale flegreo) e finito qualche giorno fa agli arresti domiciliari, in una lista che potrebbe allungarsi ancora di molto. Scene di festa a salutare il ritorno a casa di uno dei boss del clan Perrella di Rione Traiano, sempre per attenute esigenze cautelari. Formalmente in questi ultimi casi l’emergenza sanitaria non c’entra, ma è anche comprensibile che i giudici siano tenuti a considerare l’importanza di alleggerire il numero di detenuti nelle nostre carceri. 

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Ed è in quest’ottica che si comprende la nota della Direzione amministrazione penitenziaria del 10 aprile. È un invito del Ministero a tenere conto degli spazi che si sono creati a partire dalla fine di febbraio (quando in Italia si è abbattuto l’incubo corona virus), grazie alle tante scarcerazioni registrare. E i numeri a livello nazionale parlano chiaro: «A far data dal 24 febbraio del 2020 ad oggi, la popolazione detenuta si è ridotta di circa 4910 unità, attestandosi a 56.225 ristretti, per altro al loro dei semiliberi che stanno fruendo di licenza straordinaria. Questa importante riduzione ha certamente comportato la creazione di posti liberi che, a causa della pandemia in atto, attraverso anche una riorganizzazione interna, può e deve essere finalizzata all’individuazione di spazi utilizzabili per le azioni di emergenza sanitaria». Un intervento che ricalca le richieste sollevate in ambiente giudiziario da magistrati del calibro di Catello Maresca e di Nicola Gratteri, a proposito della necessità di non abbassare la guardia favorendo il ritorno a casa di boss e killer, con tanto di baci e abbracci collettivi. 
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Il Mattino