Coronavirus a Napoli, avanza il caro spesa con gli ortaggi al 30% in più: «Pericolo sciacalli»

Coronavirus a Napoli, avanza il caro spesa con gli ortaggi al 30% in più: «Pericolo sciacalli»
Caro prezzi ma non solo. Il regime di Covid ha fatto lievitare il costo dell'ortofrutta e, in modo più contenuto, ha alzato il prezzo di pane, zucchero, pasta e...

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Caro prezzi ma non solo. Il regime di Covid ha fatto lievitare il costo dell'ortofrutta e, in modo più contenuto, ha alzato il prezzo di pane, zucchero, pasta e caffè. Gli sciacallaggi non mancano in tempo di guerra al virus, ma c'è anche dell'altro: la pandemia ha messo in crisi la filiera distributiva campana, tarata su regole precedenti alle restrizioni negli spostamenti per i fornitori. Per accorgersene basta partire da uno dei tanti dati del settore agricolo oggi ricco di controsensi: «Le zucchine sono aumentate anche del 300%: un rincaro folle, che riguarda molti prodotti di ortofrutta da frigo», spiega Rosario Stornaiuolo, presidente di Federconsumatori Napoli e Campania. «Purtroppo stiamo buttando zucchine e insalata - illustra il direttore di Coldiretti Napoli, Salvatore Loffreda - Uno spreco incredibile, derivato dal fatto che noi agricoltori campani non abbiamo mercato nella grande distribuzione. Troppi prodotti arrivano dall'estero». Insomma, oggi qualcosa non torna nel sistema della distribuzione, organizzato su regole antecedenti al virus, che non teneva ovviamente conto dell'emergenza da pandemia.

 
I dati parlano chiaro. Il caro prezzi partenopeo c'è ed è in crescita. «Gli aumenti in certi settori sono pesanti. Variano a seconda delle zone - precisa Stornaiuolo - In centro si paga meno che a Posillipo, a Fuorigrotta si compra ancora bene. Nella zona collinare i prezzi salgono». I numeri forniti da Federconsumatori Napoli e raccolti sulla base delle segnalazioni dei cittadini riguardano molti prodotti: latte, caffè e zucchero costano «tra i 10 e i 40 centesimi in più». L'impennata riguarda l'ortofrutta da frigo e non: i pomodorini si vendono anche «a 4 o 5 euro al chilo». La pasta è aumentata «di 10 centesimi al kg, benché le vendite siano schizzate del 65%, mentre quelle di passate e farina sono cresciute rispettivamente dell'80 e del 195%». Le zucchine costano «3.50 euro circa, contro il prezzo di 1.50 euro precedente al Covid. Raddoppiati i costi di broccoli e cavolfiori». Le mele, nei mesi scorsi a «2 euro», oggi si trovano a «1 euro in più». Le fragole costano fino a «6 euro al kg». Le speculazioni sull'ortofrutta vanno considerate anche in funzione della «stagionalità» del prodotto, ma quelle sull'acqua in plastica no: prima del virus «si pagava 1,60. Oggi anche a 3.20». Il pane oscilla «tra i 2,60 euro al kg fino ai 3,40 euro». Il lievito è introvabile, e se si trova «il prezzo è triplicato». Il presidente di Confesercenti Napoli Vincenzo Schiavo parla di un rincaro medio del «30% sul reparto ortofrutta, dovuto sia all'aumento di richiesta sia alle difficoltà di trasporto nelle forniture. Alcuni stanno provando a dare priorità ai prodotti italiani, che avendo qualità maggiore costano di più».

 
 
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Il paradosso: i prezzi aumentano ma alcuni dei prodotti divenuti più costosi sugli scaffali vengono gettati via, come spiega Coldiretti: «Stiamo buttando molti prodotti che coltiviamo in questi giorni - dice Loffreda - insalata, zucchine, finocchi. Non riusciamo a venderli: molte cose si importano dall'estero, anche se qui si produce il 70% di quello che serve. Le piattaforme della grande distribuzione a Napoli non si approvvigionano sui nostri canali, ed è uno spreco. Ogni giorno arrivano da fuori regione prodotti come latte, arance, fragole e ortofrutta, che coltiviamo qui. E sono proprio quelli i beni più facilmente soggetti alla speculazione». La domanda è lecita: l'emergenza deve adeguarsi alla filiera o la filiera deve adeguarsi all'emergenza? Nell'attesa di risposta, lo spreco è un dato di fatto.
 

C'è un altra emergenza non secondaria, che mette a rischio gli imminenti raccolti di primavera: «Nelle campagne campane i pomodori vengono raccolti a maggio da migranti e stagionali che ora non possono muoversi dai loro Comuni. Se non si affronta il problema, potrebbero esserci crolli nei raccolti e crescerebbero ancora i prezzi. Per non perdere i raccolti, almeno i regolarizzati' dovrebbero ricevere il permesso di spostarsi». Il popolo dei campi che lavora «a nero»: è un altro pezzo dell'economia «sommersa» che oggi merita una particolare riflessione: «La filiera va rimodulata sull'emergenza in corso - conclude Stornaiuolo - Invitiamo gli utenti a denunciare le speculazioni e a comprare prodotti italiani per evitare ulteriori aumenti».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino