Caro prezzi ma non solo. Il regime di Covid ha fatto lievitare il costo dell'ortofrutta e, in modo più contenuto, ha alzato il prezzo di pane, zucchero, pasta e...
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I dati parlano chiaro. Il caro prezzi partenopeo c'è ed è in crescita. «Gli aumenti in certi settori sono pesanti. Variano a seconda delle zone - precisa Stornaiuolo - In centro si paga meno che a Posillipo, a Fuorigrotta si compra ancora bene. Nella zona collinare i prezzi salgono». I numeri forniti da Federconsumatori Napoli e raccolti sulla base delle segnalazioni dei cittadini riguardano molti prodotti: latte, caffè e zucchero costano «tra i 10 e i 40 centesimi in più». L'impennata riguarda l'ortofrutta da frigo e non: i pomodorini si vendono anche «a 4 o 5 euro al chilo». La pasta è aumentata «di 10 centesimi al kg, benché le vendite siano schizzate del 65%, mentre quelle di passate e farina sono cresciute rispettivamente dell'80 e del 195%». Le zucchine costano «3.50 euro circa, contro il prezzo di 1.50 euro precedente al Covid. Raddoppiati i costi di broccoli e cavolfiori». Le mele, nei mesi scorsi a «2 euro», oggi si trovano a «1 euro in più». Le fragole costano fino a «6 euro al kg». Le speculazioni sull'ortofrutta vanno considerate anche in funzione della «stagionalità» del prodotto, ma quelle sull'acqua in plastica no: prima del virus «si pagava 1,60. Oggi anche a 3.20». Il pane oscilla «tra i 2,60 euro al kg fino ai 3,40 euro». Il lievito è introvabile, e se si trova «il prezzo è triplicato». Il presidente di Confesercenti Napoli Vincenzo Schiavo parla di un rincaro medio del «30% sul reparto ortofrutta, dovuto sia all'aumento di richiesta sia alle difficoltà di trasporto nelle forniture. Alcuni stanno provando a dare priorità ai prodotti italiani, che avendo qualità maggiore costano di più».
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Il paradosso: i prezzi aumentano ma alcuni dei prodotti divenuti più costosi sugli scaffali vengono gettati via, come spiega Coldiretti: «Stiamo buttando molti prodotti che coltiviamo in questi giorni - dice Loffreda - insalata, zucchine, finocchi. Non riusciamo a venderli: molte cose si importano dall'estero, anche se qui si produce il 70% di quello che serve. Le piattaforme della grande distribuzione a Napoli non si approvvigionano sui nostri canali, ed è uno spreco. Ogni giorno arrivano da fuori regione prodotti come latte, arance, fragole e ortofrutta, che coltiviamo qui. E sono proprio quelli i beni più facilmente soggetti alla speculazione». La domanda è lecita: l'emergenza deve adeguarsi alla filiera o la filiera deve adeguarsi all'emergenza? Nell'attesa di risposta, lo spreco è un dato di fatto.
C'è un altra emergenza non secondaria, che mette a rischio gli imminenti raccolti di primavera: «Nelle campagne campane i pomodori vengono raccolti a maggio da migranti e stagionali che ora non possono muoversi dai loro Comuni. Se non si affronta il problema, potrebbero esserci crolli nei raccolti e crescerebbero ancora i prezzi. Per non perdere i raccolti, almeno i regolarizzati' dovrebbero ricevere il permesso di spostarsi». Il popolo dei campi che lavora «a nero»: è un altro pezzo dell'economia «sommersa» che oggi merita una particolare riflessione: «La filiera va rimodulata sull'emergenza in corso - conclude Stornaiuolo - Invitiamo gli utenti a denunciare le speculazioni e a comprare prodotti italiani per evitare ulteriori aumenti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino