Covid in Campania, ospedali sotto pressione: Rt scende a 1 ma il rischio dei contagi è ancora alto

Covid in Campania, ospedali sotto pressione: Rt scende a 1 ma il rischio dei contagi è ancora alto
La Campania resta in zona rossa: la decisione, annunciata giovedì dalle colonne di questo giornale, è stata assunta ufficialmente con un’ordinanza firmata ieri...

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La Campania resta in zona rossa: la decisione, annunciata giovedì dalle colonne di questo giornale, è stata assunta ufficialmente con un’ordinanza firmata ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza. Le misure di restrizione sono state rinnovate e confermate per Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche e anche Toscana. Quest’ultima è passata in zona rossa domenica 8 novembre insieme alla Campania. L’ordinanza è valida fino al 3 dicembre 2020. Se il presidente della Toscana Eugenio Giani si dice certo che la sua regione tornerà in zona arancione la prossima settimana va detto che analogo trend in discesa, degli indicatori epidemiologici, si registrano anche in Campania che dovrebbe dunque seguirne le sorti. Ma vediamo nel dettaglio cos’è cambiato nella settimana che va dal 16 al 22 novembre, presa in esame dal monitoraggio ministeriale. Tra i 21 indicatori che misurano la febbre del virus nelle regioni, l’incidenza dei contagi, misurati come rapporto tra attualmente positivi per 100 mila abitanti, registra un sensibile calo in Campania: si passa infatti da 824 del 15 novembre a 733 del 22 tornando così, grosso modo, al valore che la Campania esprimeva l’8 novembre, al momento del passaggio in zona rossa. Tutto ciò si riverbera sui nuovi casi segnalati, 17.680 rispetto ai 22.595 della settimana precedente.   

Rispetto a quel periodo cambia invece, e di molto, l’indice di infettività Rt che misura il profilo di propagazione dell’infezione (inteso come la capacità di SarsCov2 di dare luogo ad un raddoppio delle infezioni nell’arco di 7 giorni, al netto dei decessi e dei guariti). Da 1,62 dell’8 novembre si passa ora a 1 (con un intervallo di confidenza che oscilla tra 0,94 e 1,04) inferiore anche all’1,1 registrato a metà mese. Resta immutata invece la valutazione complessiva dell’epidemia in termini di probabilità di evoluzione (moderata) e dell’impatto dei casi sulla rete ospedaliera (alta) per una valutazione complessiva di rischio considerato ancora alto e che permane tale da tre settimane consecutive. Tutti elementi che, nel complesso, pur a fronte di un calo evidente dei contagi, fa permanere la regione in zona rossa. Del resto solo sotto il valore 1 il profilo di crescita dei casi tende realmente ad appiattirsi. E in effetti ciò è accaduto per la prima volta, in Campania, a partire da domenica scorsa, 22 novembre.  

Andiamo ora a vedere cosa è accaduto al tasso di occupazione dei posti letto di Terapia intensiva e delle degenze ordinarie. I pazienti Covid-19 curati in rianimazione, sul totale dei posti letto destinati a questo asset assistenziale, dunque comprendendo anche i letti destinati ad affiancare altre discipline mediche e chirurgiche, è nell’ordine del 34%. L’impegno delle terapie intensive si mantiene attestato stabilmente a circa 200 unità tra dimissioni e nuovi ingressi. In calo invece, dal 47 al 43 per cento, il tasso di occupazione dei posti letto totali di area medica per pazienti Covid-19 che evidentemente risente dell’allargamento della platea di degenze disponibili in cui sono confluiti quelli messi a disposizione della Case di cura, dai policlinici, dal San Giovanni Bosco Napoli e da altri centri ospedalieri riconvertiti a questa funzione nelle altre province.  

Riguardo agli altri parametri che misurano l’efficienza e funzionalità delle attività di tracciamento e monitoraggio dei dipartimenti di prevenzione delle Asl la Campania sempre tenere l’onda d’urto dell’epidemia. Anche i focolai sono in diminuzione, passati da 922 a 881, compresi quelli che toccano luoghi sensibili e maggior tasso di vulnerabilità come le Rsa, le Case di riposo per anziani e gli ospedali. In generale gli indicatori relativi alla capacità di accertamento diagnostico, di indagine e gestione dei contatti sono stabili, la pressione c’è ma riescono a fronteggiarle. In questo ambito di valutazione l’unico numero cerchiato in rosso riguarda la percentuale dei positivi al tampone. Un dato sicuramente in calo ma “inquinato”, nella sua attendibilità, dalla entità di tamponi ripetuti a chi è già positivo, dai test di guarigione a chi risulta negativo e va ricontrollato. Un “rumore di fondo” che entro certi limiti risulta accettabile ma la cui percentuale è in crescita e dunque giudicata come elemento di negatività espressa con un alert del sistema automatico che valuta le performance delle regioni. In questo ambito probabilmente pesa anche l’incrocio di più fattori: l’alta e crescente percentuale di guariti, il concomitante utilizzo di tecniche diverse per effettuare i test (tamponi molecolari tradizionali, tamponi molecolari rapidi, test rapidi antigenici) che rendono più complesso rendere alla fine pulito il dato epidemiologico. Nel complesso tuttavia a tirare le somme la Campania viaggia, ebbene lentamente, verso la discesa della temperatura epidemica. Il dato che invece non cala è quello dell’entità dei decessi. Ieri se ne sono contati 63 in Campania contro i 49 del giorno precedente. Si tratta dell’esito esito finale della scia lunga dei tanti contagi contati tra fine ottobre e inizio novembre in Campania e che purtroppo accompagneranno ancora a lungo l’epidemia, sia in Italia sia in Campania come ci ha insegnato la prima ondata, quando dai picchi di marzo e aprile si è dovuto attendere la fine di giugno per scendere sotto i 50 decessi al giorno in Italia. Intanto martedì scorso in Campania, per la prima volta, dal 7 agosto, è sceso il numero degli attualmente positivi di 638 unità in un solo giorno a segnare probabilmente il picco della seconda ondata.

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Il Mattino