Coronavirus in Campania, Rianimazioni allo stremo. Ed esplode il caso Ischia: 15 contagiati in un giorno

Coronavirus in Campania, Rianimazioni allo stremo. Ed esplode il caso Ischia: 15 contagiati in un giorno
Rianimazioni allo stremo, ambulanze bloccate per ore davanti a un ospedale, tamponi attesi per giorni, mascherine che scarseggiano, più vittime e altri medici con il...

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Rianimazioni allo stremo, ambulanze bloccate per ore davanti a un ospedale, tamponi attesi per giorni, mascherine che scarseggiano, più vittime e altri medici con il coronavirus trasportati al pronto soccorso o in isolamento a casa. Salgono a 837, in totale, i casi in Campania, 88 certificati ieri. Quattro nel Vallo di Diano, tutti nei comuni in quarantena. Ma il boom di contagi è a Ischia, 15 registrati solo nelle ultime 24 ore, e altre trecento persone già in quarantena o isolamento volontario. A diffondere il nuovo virus sarebbe stato un giovane di ritorno da un viaggio delle Filippine. Ma non finisce qui.


Il picco di casi, oltre tremila, è previsto per inizio aprile. E la Campania, già fragile, rischia di non riuscire ad assistere tutti i pazienti ben prima dell'impennata, per questo il governatore Vincenzo de Luca si attrezza. Colpa dei rientri, denuncia, dal Nord: stando ai dati della Regione, risultano diversi casi di infezione in famiglie con i figli che hanno contagiato i genitori. Poi ci sono gli «irresponsabili» che non hanno rispettato la quarantena, nonostante gli appelli e le ordinanze. E i casi sottovalutati o scoperti troppo tardi in un sistema sanitario che da anni è in difficoltà. La gravità della situazione si può misurare contando i posti rimasti nelle terapie intensive dell'intera regione. Troppo pochi per reggere a lungo. E i ventilatori promessi dalla Protezione civile non arrivano. Una soluzione che in queste ore si prospetta è quella di utilizzare le sale operatorie per accogliere i malati con polmonite severa: accade già in diverse strutture, anche per questo gli interventi programmati sono stati bloccati. Un'altra possibilità è usare i posti messi a disposizione dalle cliniche private e convenzionate. Ma lì si valuta pure di trasferire i malati che al momento si trovano negli ospedali pubblici e non sono infettati dal nuovo virus ma comunque bisognosi di cure.



Anche i letti per i pazienti Covid-19 vanno infatti raddoppiati. Solo al Cotugno di Napoli ci sono 113 i ricoverati, altri 8 sono in attesa di risposta dopo il tampone. A questi si aggiungono 16 pazienti in terapia intensiva. Entro la prossima settimana, il centro di riferimento per le malattie infettive prevede di attivare ulteriori posti letto per far fronte agli Sos in aumento, soprattutto per i casi più gravi. Ampliamento previsto anche al Loreto Mare, l'ospedale riconvertito proprio per l'emergenza, dove è morto ieri un operaio di Pomigliano al lavoro a San Vitaliano. Lutto anche a Terzigno: è un insegnante in cattedra a Torre del Greco, altra zona con un record di contagi.
 
Tre i decessi solo nella provincia di Avellino, tutti originari dell'area messa in quarantena. La prima è don Antonio Di Stasio, 85enne per anni parroco di Ariano Irpino, cui si aggiungono un 84enne di Bonito, ricoverato all'ospedale Frangipane, e un 89enne di Montecalvo Irpino, morto all'ospedale Moscati. Ma, al di là del «caso Irpinia», dove si è avuto il blocco di ambulanze nella notte davanti al pronto soccorso del Moscati contagiati si moltiplicano. Non si fa in tempo a sanificare un'ala dell'ospedale, che l'emergenza si diffonde in un'altra. Pesa quell'8 per cento di operatori sanitari positivi al test.

Tra gli ultimi casi che destano preoccupazione, un medico di famiglia a Castellammare di Stabia trasferito d'urgenza in ospedale, dopo giorni di attesa a casa per fare il test. I suoi colleghi con la Fimmg chiedono che siano attivate subito le Unità speciali territoriali previste in un decreto Conte, «Uniche strutture che possono garantire ai cittadini assistenza domiciliare, riducendo così il collasso degli ospedali e garantendo una maggiore chance di rallentamento dei contagi. Non c'è un solo giorno in più da perdere» affermano i leader del sindacato dei medici di famiglia Vincenzo Schiavo, Corrado Calamaro e Luigi Sparano, che puntano così a rafforzare la sorveglianza e velocizzare l'iter per i test riducendo la pressione già alta negli ospedali. Ai Pellegrini, in particolare, si segnalano quattro i casi sospetti o accertati: è morto il paziente ricoverato da settimane che potrebbe diffuso il virus tra degenti e camici bianchi. Accertamenti disposti anche in una casa di riposo di Ercolano, dopo che un ospite di 73 anni, ma già da una settimana trasferito all'ospedale del Mare, è risultato positivo al tampone.
 

Intanto, è scattato lo smart working anche al centro regionale trapianti guidato da Antonio Corcione, il primario di rianimazione del Monaldi in quarantena a casa perché contagiato. «Ai medici dei Psaut di Caserta (il presidio di primo soccorso) viene assegnato un solo kit di protezione non riutilizzabile, sono sprovvisti di mascherine protettive del tipo Ffp3 o Ffp2», insiste il presidente nazionale del Saues, Paolo Ficco. Presidi chiesti anche Bruno Iaccarino, rappresentante del sindacato nazionale area radiologica: «Senza protezioni non possiamo continuare a garantire le prestazioni nei centri accreditati che si occupano di assistenza specialistica e in particolare di radiologia diagnostica, radioterapia e medicina nucleare». E la figlia del dipendente di Asia, che è morto con il coronavirus, si sfoga su Fb, raccontando l'altra faccia del «calvario» iniziato «con una semplice febbre», e i trasferimenti prima all'ospedale Cardarelli e al Cotugno, infine all'ospedale di Pozzuoli.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino