Coronavirus a Napoli, sui social il grido di un’anestesista del Cardarelli: «Ormai siamo stremati»

Coronavirus a Napoli, sui social il grido di un’anestesista del Cardarelli: «Ormai siamo stremati»
«I posti in terapia intensiva non ci sono, siamo allo stremo». Iniziava così il messaggio pubblicato ieri, sulla sua pagina facebook, da un’anestesista...

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«I posti in terapia intensiva non ci sono, siamo allo stremo». Iniziava così il messaggio pubblicato ieri, sulla sua pagina facebook, da un’anestesista del Cardarelli. Un vero e proprio grido di aiuto che, in poco tempo, si è moltiplicato con le condivisioni che lo hanno reso virale sui social. «Non sappiamo dove mettere i malati che intubiamo» ha scritto la dottoressa nel post che ha scosso la piattaforma virtuale come un richiamo alla realtà. Anche ieri, nel presidio collinare, i 20 posti di Terapia intensiva erano tutti occupati con più della metà dei ricoverati sottoposti a intubazione. I reparti per l’assistenza dei pazienti critici sono saturi e risentono delle carenze negli organici di infermieri e medici. La seconda ondata del virus, a Napoli, è praticamente uno tsunami.

Il messaggio della dottoressa che trascorre intere giornate bardata in una tuta nei raparti di Terapia intesiva Covid, non è stato un semplice sfogo. Piuttosto una richiesta di aiuto e partecipazione a ciò che sta accadendo realmente nelle corsie ospedaliere. «Siamo allo stremo. Il Cardarelli non è pieno, di più. Io, noi, non ne possiamo più» si legge nel post: «Non sappiamo dove mettere i malati che intubiamo. Passiamo notti in bianco ricevendo risposte di zero posti sul territorio. Li appoggiamo esternamente finché non finiranno le fonti di ossigeno rimaste o finché non morirà qualcuno che libererà una postazione». 

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Il riferimento è all’allestimento di posti letto usati come Terapia intensiva ma “appoggiati” in altri reparti pur di garantire l’assistenza. «È un incubo, un delirio» conclude la dottoressa che si chiede: «Chi è in alto è sordo, a chi dobbiamo dirlo dopo 10 ore dentro una tuta senza poter respirare in modo normale? A chi devo gridarlo? Me lo dite a chi devo gridarlo io?». Nei commenti che hanno letteralmente inondato la pagina facebook, la sanitaria spiega anche la difficoltà nel trasferimento dei pazienti. «Nella catena infinita delle chiamate, alle 16 come alle 4 del mattino, ricevo come risposta: non c’è posto. E devo racimolare un ventilatore da una parte, un monitor da un’altra e delle pompe infusionali altrove». Non si tratta solo di creare posti letto: gli anestesisti di turno nei reparti Covid devono anche tamponare le emergenze nei reparti di Subintensiva e nelle tre divisioni di Medicina ordinaria Covid. «Ho modificato il post, rendendolo visibile solo agli amici e non più pubblico» spiega la dottoressa, «convinta di non volere altra esposizione mediatica». «Ci sono stati una serie di commenti sgradevoli che mi hanno colpita ma non si tratta delle osservazioni dei negazionisti, anche loro presenti - aggiunge - parlo di commenti che mi hanno emotivamente ferita: la mia intenzione era solo di raccontare la realtà». 

«Questa seconda ondata sta impegnando le Terapie intensive del Cardarelli, come non era avvenuto durante la prima parte della pandemia» spiega Giuseppe Longo, direttore generale dell’ospedale che precisa come «nessun paziente critico che arriva in emergenza o con i reparti saturi, viene rifiutato ma l’ospedale se ne fa carico garantendogli la massima assistenza». Nel presidio che può contare su 44 posti di Terapia intensiva non Covid, distinti tra Rianimazione, Centro Trapianti, Post operatorio e centro Grandi Ustionati, sono stati attivati 15 posti letto di Terapia intensiva Covid, nei padiglioni M e H, a cui vanno aggiunti altri 5 posti ricavati dall’adattamento di sale operatorie. «Già normalmente la macchina sanitaria risente della carenza di anestesisti, per cui in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, è inevitabile registrare una sofferenza di questi reparti - conclude Longo - in ogni caso il Cardarelli è in prima linea e vicino a tutti i suoi sanitari».

 

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Il Mattino