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Ha 17 anni, è napoletano, non è vaccinato e risiede nella zona nord di Napoli il ragazzo giunto lunedì sera al pronto soccorso del Cotugno. Accompagnato da sua madre, per una forma severa di infezione polmonare da Sars-Cov-2, il ragazzo accusava febbre e tosse. Il quadro polmonare, emerso alla Tac praticata in ospedale rimanda a una tipica polmonite interstiziale bilaterale da Covid con un un danno valutato in 12 punti su 20. È stato pertanto ricoverato con assistenza in ossigeno ad alti flussi nell’unità di terapia sub intensiva del polo infettivologico partenopeo.
L’attenzione al suo caso è massima sia per la giovane età, sia per la contemporanea presenza di alcuni deboli fattori di rischio legati a un eccesso di peso e una leggera ipertensione. È per questo candidato agli anticorpi monoclonali che si aggiungeranno, nella terapie, agli altri presidi terapeutici utilizzati al Cotugno. Dopo la chiusura di tutti i Covid center della Asl Napoli 1 i protocolli di somministrazione degli anticorpi monoclonali in ospedale sul territorio metropolitano sono passati alla competenza del Cotugno. «La massima efficacia dei monoclonali - dicono i sanitari del Cotugno - si colloca in una finestra che si apre nei primi giorni dopo la diagnosi e le indicazioni sono ristrette tra chi accusa da pochi giorni i sintomi ed è a maggior rischio per patologie pregresse».
Al Cotugno, attualmente, su 115 posti disponibili per i pazienti Covid (altri 170 posti di degenza sono devoluti alla cura delle altre malattie infettive) sono 108 quelli occupati si cui 18 da pazienti vaccinati, (non tutti con doppia dose) e 97 da malati non vaccinati.
Un altro medico, in servizio nella trincea del Cotugno, racconta la storia di due suoi amici, di cui uno vaccinato e l’altro no, ammalatisi con quadri clinici profondamente diversi: «Hanno 46 anni, il primo sono riuscito a convincerlo della assoluta necessità di proteggersi col vaccino, l’altro invece è testardamente no vax. Ebbene hanno entrambi contratto l’infezione una decina di giorni fa in una stessa fiera frequentata per il lavoro che svolgono - racconta il sanitario - ma mentre il primo, vaccinato, è a casa con pochi sintomi, un giorno di febbre e segni simili a quelli di un’influenza, l’altro è da quattro giorni con la febbre alta, la tosse, dolori muscolari e un inizio di polmonite e domani dovrà venire in ospedale per partire con i monoclonali. Hanno preso l’infezione insieme, sono entrambi sani e forti, abbastanza giovani ma il vaccinato sta già guarendo, per l’altro la situazione si sta complicando. Confido che la gente capisca l’importanza di vaccinarsi. Una cecità che spinge queste persone a pensare che esiste la soluzione alternativa. E invece ne ho visti tanti morire in queste corsie che si sarebbero salvati vaccinandosi. Io - conclude - ho verificato i miei anticorpi, erano ancora sufficienti ma da sanitario sono corso ad effettuare la terza dose». In semintensiva su 32 posti ci sono 25 pazienti ricoverati, alcuni gravi ma il 90 per cento non vaccinato.
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