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Non solo cibo, se volete davvero aiutare la Caritas servono anche mascherine, guanti, gel disinfettante, vaschette di alluminio, buste biodegrabili e posate monouso. Il Covid ha cambiato pure il volto della povertà. O meglio: ha reso fondamentali cose di cui prima non c'era alcun bisogno e che invece, oggi, è assolutamente indispensabile acquistare. In tanti offrono cibo, e faranno bene a continuare a farlo, ma da quando le mense - ad eccezione di poche realtà - non possono più servire ai loro ospiti il pasto a tavola - tutti seduti uno accanto all'altro come avveniva prima della pandemia - le vaschette di alluminio e le posate usa e getta sono diventate preziose quanto il pane e la pasta. Senza contare poi mascherine, guanti e gel igienizzante che i volontari della Caritas distribuiscono a tutti quelli a cui offrono il cestino. A lanciare l'appello è Giancamillo Trani, vice direttore della Caritas diocesana di Napoli guidata da don Enzo Cozzolino: «La povertà è aumentata, non c'è dubbio - spiega Trani - i nostri indicatori ci mettono di fronte a una realtà diversa: la pandemia ha acuito le difficoltà, ha esasperato le differenze. Ci scrivono perfino i consolati e le rappresentanze diplomatiche per segnalarci i casi di emergenza da seguire. In tre mesi - aggiunge - abbiamo investito 72mila euro per pagare fitti e bollette di chi non avrebbe saputo come fare. E ora ci troviamo a dover fare i conti con altre necessità: abbiamo bisogno dei dispositivi di sicurezza, dei sacchetti dove mettere il cibo che offriamo, dell'alluminio per avvolgere il pane. Materiale che va acquistato perché nessuno ce lo regala e che invece è assolutamente indispensabile». Chi vuole, e può donare, non deve fare altro che mettersi in contatto con la Caritas.
Il virus ha spazzato via tutte le attività lavorative occasionali, quelle che consentivano a tanti padri di famiglia di guadagnare venti, trenta euro al giorno per andare avanti. Da qui la necessità di mettersi in fila per ricevere il pranzo anche se non sei senza fissa dimora: «La casa ce l'hanno pure, il problema è che poi manca il resto: dal cibo agli abiti, dai soldi per pagare le utenze a tutto quello di cui si ha bisogno per vivere dignitosamente», racconta Antonio Rulli, direttore del centro La Tenda gestito da don Antonio Vitiello alla Sanità.
Niente pranzi di Natale quest'anno. Saltano tutti gli appuntamenti delle feste ai quali i poveri erano ormai abituati. Dalla Galleria Principe di Napoli alla Cattedrale - quando anche il cardinale Crescenzio Sepe serviva a tavola - il Covid ha messo la parola fine alla convivialità: «Purtroppo andrà così - conclude Giancamillo Trani - si trattava in realtà di un momento di condivisione per far vivere la gioia del Natale anche ai meno fortunati. È chiaro che il pranzo lo garantiremo ugualmente a ciascuno di loro, così come facciamo tutti i giorni dell'anno, e anche un regalino non mancherà, purtroppo alla festa dovremo tutti rinunciare».
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