«Ad Annarella, per poterle sedere sempre accanto, tenendola per mano». C'è scritto così sulla prima panchina che si incontra entrando nel Bosco di...
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Passeggiando per il Bosco si incontrano targhette con incise dediche bellissime. In 70 caratteri e un nome si racchiudono storie di vita, di amori e di amicizia. «A Franco Scopece, se tu fossi qui, mi stringerei a te forte forte» e ancora «DiversaMente Panchina. Ad Antonio, detto il furbo, che per fortuna è mio fratello», che Ciro Cacciola, in arte Dj Cerchietto, ha dedicato a suo fratello diversamente abile. Poi ci sono le storie di amicizia. I ragazzi della 5^A del Pontano classe 1975 hanno adottato una panchina e ci hanno scritto sopra «Felici perchè ancora insieme». Accanto un'altra con una dedica dai ragazzi dell'Istituto Caselli: «Bosco: be observant sentimental colorful on». Vicino al campetto da calcio che il direttore Sylvain Bellenger ha fatto costruire per i ragazzi del quartiere ce n'è un'altra che racconta di tante partite giocate lì al sole: «Guagliu' dopp' 'a partita arrepusammece ccà!».
Così, passeggiando per i 134 ettari di parco si incontrano coppiette sdraiate sulle panchine adottate e si immagina che quelle frasi sussurrate all'orecchio prima o poi diventino ricordo indelebile a Capodimonte. Aziende e privati hanno aderito all'iniziativa con entusiasmo, per raccontare qualcosa di se o per omaggiare la propria città o quella di altri. Come ha fatto la famiglia Mirabile della Venaria Reale, l'altra reggia di Torino, che scrive: «Una panchina: speranza e amore per l'arte e la cultura di Napoli». E ancora, «A chi ama questo parco. Per leggere un libro. Per darsi un bacio. Per chi verrà dopo». Alcune di queste sono in ricordo di qualcuno che ha amato il parco e che adesso non c'è più, come Giuseppe De Bernardo, appassionato corridore «Campione di marcia dlf Napoli. I viali dei tuoi allenamenti, ciao papà».
Anche tra gli alberi si trovano storie emozionanti. C'è chi ne ha piantato uno per la nascita del proprio figlio o chi lo ha dedicato ai nipoti come ha fatto Ruth Strangemann che ha adottato un albero monumentale e poi ha anche scritto un libro per bambini a lui dedicato. «L'albero è lo sforzo senza fine della terra di comunicare con il cielo», c'è scritto su una targhetta con tanto di spiegazioni dettagliate della specie dell'albero. Poco più avanti l'albero piantato dal direttore Bellenger. «Quest'albero testimonierà dopo di me la passione che mi ha ispirato Capodimonte», c'è scritto sul suo «albero scimmia». Si stringe il cuore a leggere la targhetta sull'albero orchidea dai grandi fiori bianchi: «In memoria dei nostri angeli», c'è scritto, ed è dedicato dalle mamme della terra dei fuochi ai loro figli volati in cielo.
Anche portabici e beverini hanno le loro storie da raccontare. «Ad Argo, il cane del paziente Ulisse, la testa sollevò ed ambo gli orecchi», citando l'Odissea, «Quando non sai a chi raccontare le tue pene ricorda che il cane ti ascolta», si legge su un altro. Così una passeggiata a Capodimonte diventa un'esperienza emozionante, un viaggio nelle storie, immaginando i baci tra gli amanti, le risate tra gli amici e la complicità tra i familiari. Come succede anche al Central Park di New York, chi adotta un albero, una panchina o un beverino per cani lascia al bosco un pezzo di cuore, e diventa l'anima di tutta la città. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino