È vero che a dargli man forte sul territorio c'era Mimmo Paladino, ma prima o poi Francesco De Gregori quel suo sconfinamento nella canzone napoletana doveva portarlo a...
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Spiega il principe dei cantautori: «La canzone napoletana è sempre stata un mistero. Difficilissimo per me affrontare l'idea di cantare in lingua napoletana, non tanto per una questione di rispetto, perché gli artisti non devono rispettare niente, infrangono per ricostruire. Temevo però il rischio di produrre qualcosa di disgraziato, di essere incolpato di appropriazione indebita».
A De Gregori non piacciono la gran parte delle canzoni napoletane cantante dai non napoletani, così prima di registrare il brano ha lavorato tante settimane sul suono preciso da assegnare a ogni sillaba, sugli accenti giusti. «Ho messo in croce tutti i miei amici napoletani per farmi suggerire intonazioni giuste, sia quelli che vivono a Roma come me e che chiamavo al telefono con mille scuse per poi affrontare l'argomento della pronuncia, sia i napoletani che incontravo quando venivo in città».
A parte l'esatta pronuncia, l'uomo di «Viva l'Italia» insisteva nel farsi spiegare ogni sfumatura di significato delle singole parole, ogni combinazione di rime. «Mi sono reso conto che ogni zona di Napoli ha la sua traduzione e il suo senso della musicalità. Alla fine sono arrivato a essere così insistente con i miei consulenti-amici napoletani che siamo arrivati al punto che quando mi vedevano cambiavano strada».
Dice Mimmo Paladino: «Questa collaborazione è nata in una delle tante cene a casa De Gregori. Ogni volta che cucinava, lui che è un ottimo cuoco, il discorso andava a finire sulla canzone napoletana». Una volta il discorso si è fatto più coinvolgente, e a De Gregori che confidava all'amico artista di amare un tardo classico come «Anema e core» e che avrebbe voluto inciderlo, Paladino rispose che sarebbe stato fondamentale accompagnare al disco una cornice speciale. «Il vinile si sposa bene con l'incisione».
A fine serata De Gregori canta il brano a cappella, la moglie non c'è, al suo posto l'accompagna tutto il pubblico presente. Qualcuno gli chiede se un giorno avrà voglia di misurarsi con altri classici della canzone napoletana: «Le incursioni si fanno una volta sola, poi rischierei di ripetermi. E non voglio mettere di nuovo in discussione le mie amicizie napoletane». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino