«Lassù qualcuno ci ama: sinceramente di ottenere quel finanziamento, noi, clarisse cappuccine, ci contavamo poco o nulla. Anzi, a dirla tutta, ci sembrò...
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Ecco che cosa è accaduto: lo scorso dicembre suor Rosa riceve una telefonata nel corso della quale le si comunicava che al monastero era stata accordata la seconda tranche di fondi regionali necessaria per completare il progetto di restauro iniziato nel 2007 e ultimato nel 2009. «Pensai subito a uno scherzo, - racconta ancora la abbadessa - a qualche buontempone che voleva farci credere che il nostro sogno si sarebbe avverato. Invece no, era tutto vero e quanto prima avremmo potuto riportare il chiostro al suo antico splendore». I tempi, infatti, potevano anche essere brevi visto che il progetto già c'era ed era pure esecutivo: «È chiaro che, dopo dieci anni, andava rimodulato - aggiunge la suora - e soprattutto richiedeva una nuova gara d'appalto per l'affidamento dei lavori».
E qui nasce il problema. A prendere in carico il progetto e, dunque, a occuparsi di gara e lavori, deve essere la sovrintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio ma, dallo scorso dicembre, le clarisse non riescono a parlare con nessuno: «Per carità, mi rendo che il sovrintendente Luciano Garella ha certamente tanti impegni e mille problemi da risolvere - chiarisce suor Rosa - così facendo, però, rischiamo di perdere tutti i soldi e il restauro ce lo possiamo pure dimenticare». Sembrerà strano ma è così. Nonostante i numerosi tentativi messi a segno per avere un appuntamento con il sovrintendente, o un suo delegato, le «33» non sono mai riuscite nemmeno a essere richiamate. Eppure il finanziamento è cospicuo: circa un milione di euro pronti per dare il via ai lavori di completamento del progetto integrato «Napoli - Grande Attrattore» che circa dieci anni fa si occupò di rimettere a nuovo l'antico Refettorio del monastero sottratto 106 anni fa dagli Ospedali riuniti e che oggi è stato restituito alla città. Qui un eccellente cicerone, il manutentore Francesco Galluccio - ruolo che la sua famiglia svolge da cinque generazioni - organizza visite guidate aperte al pubblico che, tra l'altro, può finalmente apprezzare un affresco mai visto del Seicento, raffigurante Sant'Orsola.
Poi però i soldi finirono e il restauro del chiostro venne rinviato a data da destinarsi. Adesso che ci siamo, invece, i lavori non possono cominciare. «Eppure verrebbe un'opera straordinaria - aggiunge la clarissa - potremmo finalmente buttare giù quel muro che lo divide in due e ne impedisce la fruizione totale».
«Le suore hanno combattuto cento anni per vedersi restituito quello che era loro. Prova ne è quel grande muro, da abbattere, che venne costruito quando lo Stato decise che un pezzo del nostro chiostro non doveva essere più nostro, salvo poi abbandonarlo al degrado e chiudere col cemento quegli archi splendidi che ne facevano un'area di rara di bellezza». Meglio non pensarci più e guardare avanti: «Ne è passata di acqua sotto i ponti - conclude suor Rosa - e ogni cosa è tornata al suo posto. Ora aspettiamo solo la sovrintendenza. Noi non molliamo, prima o poi qualcuno dovrà farsi sentire». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino