Dodicenne sfregiata dall’ex a Napoli, raid annunciato via chat: «Prima o poi ti punirò»

Dodicenne sfregiata dall’ex a Napoli, raid annunciato via chat: «Prima o poi ti punirò»
Aveva annunciato la propria (folle) vendetta a mezzo chat, arrogandosi il diritto di punire la ex fidanzatina per aver troncato il rapporto. Sono stati alcuni messaggi a spingere...

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Aveva annunciato la propria (folle) vendetta a mezzo chat, arrogandosi il diritto di punire la ex fidanzatina per aver troncato il rapporto. Sono stati alcuni messaggi a spingere la Procura per i minori di Napoli, a formulare accuse a carico del 16enne che ha sfregiato una ragazzina di 12 anni: l’accusa di lesioni permanenti, con l’aggravante della premeditazione. Già, la premeditazione. A leggere la richiesta di convalida del fermo, in vista dell’udienza di domani mattina (gip Paola Brunese), gli inquirenti non hanno dubbi: quanto accaduto la notte tra lunedì e martedì scorso, in zona Montesanto, non è il frutto di un litigio estemporaneo, nato per un diverbio occasionale; né un momento di rabbia dettato dal caso. Anzi. Stando alla ricostruzione fatta dal pm Emilia Galante Sorrentino, non ci sono dubbi: il 16enne avrebbe sfregiato il volto della ragazzina di 12 anni (con cui aveva intrecciato una breve relazione sentimentale), al culmine di un disegno maturato per vendetta. Qual era i movente? La decisione della 12enne (che compie 13 anni il 30 luglio) di dire basta al flirt e di liberarsi del rapporto con il suo ex fidanzato. Una scelta di autonomia e di emancipazione che deve aver turbato il 16enne, alla luce di alcune circostanze finora finite agli atti. Parliamo di alcune minacce che sarebbero emerse dalle chat del telefonino del ragazzo; ma anche della testimonianza resa da un’amica della vittima. Restiamo al primo punto, alla luce delle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. 


C’è un messaggio di qualche giorno fa, con cui il 16enne ribadisce la volontà di punire la 12enne per la sua scelta di indipendenza. Un affronto da lavare con il sangue, (secondo un rozzo codice di comportamento che si sperava consegnato agli archivi di un secolo fa), come poi è accaduto con lo sfregio al volto della ragazzina. E che si sia trattato di un’azione mirata e non frutto del caso, lo ha confermato agli inquirenti sia la vittima di questa storiaccia, sia la sua amica. Ha visto tutto (era in sella allo scooter guidato dalla 12enne) e, conoscendo i risvolti di un rapporto burrascoso, ha confermato l’assalto mirato, armato di coltello. Ha visto il braccio di lui stringere alle spalle il collo di lei, per poi provocare il taglio all’altezza della guancia destra. Ma c’è un altro aspetto destinato ad essere approfondito: è la mancanza dell’arma del delitto. Il coltello usato per lo sfregio non è stato rinvenuto. Un punto controverso, anche alla luce di quanto emerge dalla posizione difensiva. Assistito dall’avvocato Domenico Dello Iacono, il minore ha cercato di sminuire la propria condotta - almeno nel primo colloquio al momento degli arresti -, cercando di ricondurre la vicenda a un litigio avvenuto in modo accidentale. I due - secondo la versione del minore - si sarebbero incontrati per caso. Una ricostuzione tutta da approfondire, quella offerta dal 16enne: «Non volevo, sono stato provocato, c’è stato un litigio e ho reagito». Domani, nel corso dell’udienza di convalida del fermo, il minorenne avrà modo di ricostruire la propria versione dei fatti, ovviamente alla luce di quanto in queste ore sta emergendo dalle indagini. 


Non è nuovo agli uffici del Tribunale dei Colli Aminei. Purtroppo, il 16enne fermato due giorni fa ha già un curriculum cristallizzato all’interno degli archivi giudiziari. Quando non era ancora imputabile, avrebbe assunto atteggiamenti da bullo, dentro e fuori il proprio nucleo familiare. Per questa vicenda, ovviamente, non c’è stato processo, dal momento che il ragazzino non aveva ancora compiuto 14 anni. Poi, c’è un’accusa di resistenza a pubblico ufficiale per la quale sarebbe in regime di messa alla prova (come aspirante pizzaiolo), un esperimento che ora potrebbe essere interrotto. “Perdoni” e “messe alla prova” che confermano, almeno in questo caso, la scarsa efficacia in chiave formativa, riproponendo il dibattito sulla necessità di usare pugno duro nei confronti di chi si macchia - anche da giovanissimo - di reati tanto gravi.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino