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L'ha intitolata Lettera agli uomini e alle donne con le mani sporche di vangelo. La firma in calce è quella dell'arcivescovo, il contenuto è dedicato ai sacerdoti. O meglio, ai suoi sacerdoti, quelli che «in certi territori - dove l'unica legge sembra essere dettata dalla violenza - hanno fatto delle loro parrocchie avamposti credibili e autorevoli in difesa della dignità». Parole di don Mimmo che - con la pacatezza di sempre - sembra voler rispondere a Luigi Riello, procuratore generale di Napoli. Nella conferenza indetta per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario il pg si era rivolto proprio a Battaglia, definendolo «un alleato forte e incredibile, lo stesso che aveva deciso di far rimuovere da una chiesa di Marano i doni del boss Lorenzo Nuvoletta», aggiungendo, comunque, che «camorristi e mafiosi sono ugualmente molto vicini alla Chiesa». E però - riportando proprio le parole di don Mimmo - «dalla Chiesa non si può uscire con la pistola in una mano e il rosario nell'altra». Da qui l'appello ai preti, quei don Abbondio che - secondo Riello - «non devono più accettare nulla da mani grondanti di sangue».
Ai don Abbondio del procuratore, don Mimmo contrappone i tanti sacerdoti che «dinanzi alla cappa omertosa della sovranità mafiosa non arretrano neanche di un centimetro e propongono, in alternativa, la logica eversiva di spazi comuni da recuperare alla bellezza dello stare insieme, perché la tendenza all'isolamento, alimentata dalla paura della camorra, si vince solo con il gusto della condivisione».
Da qui la necessità di prendere carta e penna per dire grazie. A chi? «A te, fratello parroco, che ogni giorno attraverso il tuo servizio pastorale testimoni la bellezza del Vangelo»; «A te, giovane presbitero, che doni le energie dei primi anni del tuo ministero a raccogliere tanti bambini, ragazzi e giovani per mostrare loro che è possibile sognare e trasformare i sogni in realtà»; «A te fratello religioso e sorella religiosa, perché hai compreso che la tua consacrazione a Dio non può essere mai disgiunta dall'impegno a favore dell'uomo, e soprattutto dell'uomo ferito, emarginato, tentato»; «A te giovane, che semini l'entusiasmo dell'impegno civile nella tua comunità parrocchiale»; «A te fratello, sorella, che indipendentemente dal tuo ruolo nella chiesa e nella società, o perfino dalla fede di appartenenza, percorri ogni giorno a testa alta e senza paura il sentiero della giustizia, della denuncia, della solidarietà».
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