Caivano, don Patriciello: «Sarei un buffone se dicessi di non aver paura»

Il parroco anticamorra in radio: i miei angeli custodi mi aiutano, poi sarà quello che Dio vorrà

Don Patriciello
«Dobbiamo lottare contro certa gente perché il bene possa emergere. Qui le persone sono terrorizzate, non scendono di casa. Io l'ho detto e lo ripeto. È...

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«Dobbiamo lottare contro certa gente perché il bene possa emergere. Qui le persone sono terrorizzate, non scendono di casa. Io l'ho detto e lo ripeto. È inconcepibile che in Italia, in Europa, ci sia un luogo dove la camorra possa fare queste cose. Dove ci sia un popolo che deve sopportare tutto questo. L'Italia non è un Paese in guerra, vive in pace, è un Paese democratico e civile e gli abitanti di Caivano hanno tutti i diritti degli altri italiani. Non pretendiamo altro. Se io ho paura? Cerco di non pensarci, ma è normale che la paura ci accompagna. Se dicessi di no sarei un buffone. Sto sotto scorta, i miei angeli custodi mi aiutano, poi sarà quello che Dio vorrà».

Lo ha detto Don Maurizio Patriciello, parroco anticamorra di Caivano intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format «I Lunatici», condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in onda dal lunedì al venerdì notte dalle 23.00 alle 03.00, live anche su Rai 2 tra l'1.10 e le 2.20 circa. Il sacerdote è tornato su quanto accaduto a Caivano domenica notte: «È successa una cosa che si è verificata purtroppo tante volte. Una stesa: un'insieme di motociclette di grossa cilindrata cavalcate da persone che arrivano a volto coperto, con armi pesanti, che passano per viali terrorizzando tutti e sparando all'impazzata. La gente scappa in preda al panico, in preda alla paura e all'angoscia, poi loro vanno via lasciando dietro di se una scia di morte, dolore e rassegnazione. La cosa strana è che è successo per ben tre volte in pochi giorni».

«Se c'è speranza? Certo - aggiunge don Patriciello - io sono un prete, non posso perdere la speranza. Ci sono giorni in cui la speranza si presenta con un volto più luminoso ed è facile andarle dietro, altri in cui è più complicato. Oggi mi sento un pò come un cercatore di tartufi. Quando la speranza è più nascosta, bisogna andare a cercarla. Sono convinto che la denuncia del male rientra a pieno titolo nell'annuncio del vangelo. E al male bisogna saper dare il nome che in quel momento ha il male. Che sia camorra, mafia, senza rimanere nel generico. Dobbiamo coinvolgere in questa lotta tutte le forza buone dello Stato. Il Parlamento, il Governo, la Regione, i servizi sociali».

Comunque il sacerdote ha una convinzione: «La stesa dell'altra notte è la risposta di una debolezza della camorra. Io ci leggo questo. Una manifestazione di forza che a ben vedere potrebbe essere letta come una dimostrazione di debolezza. Se non succede niente la camorra non ha motivi per fare tanto chiasso. Se lo fa è perché si sente più debole. Questa è una mia chiave di lettura».

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Il Mattino