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Si chiama «Chapo» la nuova droga che sta spopolando tra i giovanissimi della Napoli bene. È un nuovo tipo di hashish dagli altissimi principi attivi e, per questo, particolarmente richiesto. Un aumento vertiginoso della domanda al punto che, secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine che hanno operato i primi sequestri, lo avrebbe reso, in poco tempo, più ricercato della stessa cocaina. Un successo, quello ottenuto dai narcos, frutto anche di un’attenta campagna marketing a cominciare dalla scelta del nome. Chapo, infatti, è il soprannome con cui è conosciuto Joaquin Guzman Loera, capo del cartello messicano di Sinaloa e le cui imprese criminali sono state narrate nella fortunata serie «Narcos».
Una scelta azzeccata dato che il richiamo al trafficante ha avuto un impatto quasi immediato sui potenziali clienti, affascinati dall’idea di sballarsi con una droga dal nome così evocativo. Quello che, tuttavia, ha reso il «Chapo» il prodotto maggiormente richiesto dai consumatori di stupefacenti è la sua qualità.
Da quel momento i sequestri, anche di quantità consistenti, si sono susseguiti in diverse zone della città, comprese quelle frequentate dai rampolli dell’alta borghesia partenopea. Da Pianura a Chiaia, da Secondigliano a Santa Chiara, la richiesta della nuova droga sarebbe talmente elevata che il suo prezzo, in proporzione, sarebbe lievitato più di quello della stessa cocaina, storicamente indicata come la «droga dei ricchi». Un panetto di Chapo, dal peso complessivo di circa 100 grammi, è venduta all’ingrosso a circa 1000 euro a fronte dei 700 euro di una qualità più scadente. Dalle prime indiscrezioni investigative sembrerebbe che il «Chapo» sia importato dalle organizzazioni camorristiche che operano nella zona di Marano, da anni, considerate le principali fornitrici di hashish per il mercato non solo napoletano. Meno chiara, invece, la sua provenienza. L’ipotesi ritenuta più plausibile è che il ‘Chapo’ sia acquistato da trafficanti stranieri e, poi, importato nel nostro paese. Tuttavia, qualcuno, ha avanzato anche la teoria che la nuova droga possa essere autoctona, frutto di esperimenti fatti con la resina delle sempre più numerose piantagioni di cannabis localizzate tra Quarto e Marano.
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