Nell'ottobre del 1709 il contadino Ambrogio Nocerino, detto Enzechetta, residente tra Resina e Portici, volendo ampliare un pozzo per irrigare il suo orticello ritrovò...
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Il cuore in gola e le emozioni, addentrandosi nella summa e media cavea scavate nella roccia scura, mentre le gocce di umidità scendono dall'alto e si scoprono frammenti architettonici, colonne, pitture e addirittura le firme dei viaggiatori del Grand Tour di Sette e Ottocento, sono all'ennesima potenza. Sebbene dal punto di vista scultoreo sia rimasto poco - il principe d'Elboeuf, condusse una prima privatissima esplorazione tramite cunicoli sotterranei, prelevando statue e altri tesori - il viaggio al centro di quella terra antica, trasudante di storia, appare come qualcosa di unico e ha il sapore dell'evento internazionale.
Accompagnati dalle guide di Coopculture, l'avventura si snoda lungo i percorsi scavati in epoca borbonica e dopo l'Unità d'Italia, tra gallerie e cunicoli, anfratti leggendari, stele con iscrizioni di uomini illustri come Marco Nonio Balbo, il cui volto, calco di una statua, è stato sorprendentemnte impresso nella roccia vulcanica, poco prima del pozzo di Enzechetta.
Nel 1738 re Carlo di Borbone prese le redini della situazione e ordinò l’esplorazione massiccia del teatro sotterraneo affidandola al funzionario Roque Joaquín de Alcubierre che cavò dal sottosuolo nuove meraviglie. L'illuminato sovrano Carlo di Borbone intuì subito che la scoperta di Ercolano era un potente veicolo di promozione e di propaganda del suo territorio – nonché del prestigio per la sua casata – e si affrettò a far preparare bozzetti e stampe dei gioielli che man mano venivano fuori per diffonderli nelle varie corti europee. Spinto dal successo, dopo qualche anno il sovrano decise di dare nuova linfa agli scavi di Pompei, altra grandiosa città sepolta da pomici eruttive e lapilli.
Sorprendente, mentre ci si addentra sempre di più tra archi e nicchie, volte a botte e decorazioni in stucco, è scoprire come il teatro antico ercolanese sia diventato, durante la seconda guerra mondiale, un ricovero antiaereo. Ci sono ancora gli attacchi per l'elettricità ormai arrugginiti e alcuni cunicoli ostruiti da pietre e materiali di risulta. Qui gli abitanti di Resina si rifugiarono durante i bombardamenti. Ed è suggestivo ritrovare i cittadini di oggi una volta tornati a riveder le stelle, tra vicoli, scalette e fondaci che appaiono quasi in continuità col passato sotterraneo.
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Il Mattino