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Aveva scelto il rito abbreviato per cancellare nel più breve tempo possibile quelle accuse infamanti sul suo conto. Eppure il suo iter processuale, tra annullamenti e ricorsi, è durato dodici anni, con oltre due anni e mezzo trascorsi tra carcere e domiciliari da innocente. Seppure lenta, la giustizia alla fine è arrivata per M.I., oggi 45 anni, fino al 2010 un importante imprenditore di Castellammare di Stabia, città che ha lasciato da tempo, dopo essere stato travolto da quello scandalo a luci rosse rivelatosi tutto una montatura. E ora confida: «La mia vita è distrutta e la reputazione rovinata».
Assistito dall’avvocato Antonio Spagnuolo (con i due ricorsi in Cassazione firmati da Bruno Larosa), il 45enne è riuscito ad ottenere l’assoluzione con formula piena solo dopo sei gradi di giudizio: un processo di primo grado con rito abbreviato, tre volte in Corte d’Appello e due procedimenti di Cassazione. Tutto parte nel 2009. All’epoca 33enne, gestiva un’importante rivendita di veicoli a Castellammare di Stabia, seconda generazione di imprenditori nel settore. Un esperto di motori, insomma, che però incappò in un insolito annuncio online: un incontro con una giovane donna, che raccontava di essere maggiorenne e di volere un rapporto a pagamento con lui, anche in presenza del fidanzato. L’imprenditore accettò e si presentò a Cava de’ Tirreni. A fine serata, pagò il prezzo pattuito e salutò la coppia. Da quel momento iniziò il suo incubo. Continue telefonate, richieste di ulteriore denaro. Qualche mese più tardi, mentre era all’estero per lavoro, i carabinieri si presentarono a casa con un ordine di arresto per violenza sessuale di gruppo e prostituzione minorile. Con lui erano coinvolti altri professionisti del Salernitano, anche loro caduti nella trappola a sfondo sessuale.
Un fulmine a ciel sereno per l’imprenditore, che fece subito ritorno in Italia per consegnarsi e per spiegare che si trattava di un incredibile malinteso. Invece, fu l’inizio dell’incubo. Rimase in carcere per otto mesi. Solo dopo un primo ricorso in Cassazione, l’imprenditore ottenne la scarcerazione.
Presentato ricorso in appello, nel frattempo il processo con rito ordinario per gli altri coimputati si sviluppò su un binario molto favorevole. Una perizia psichiatrica dimostrò che la ragazza aveva disturbi della personalità e l’analisi dei computer come fosse lei stessa a gestire gli appuntamenti e gli account, non il fidanzato come aveva dichiarato. Di questi primi esiti, però, i giudici della Corte d’Appello di Salerno non tennero conto e confermarono la condanna per l’imprenditore. La Cassazione, però, ritenne fondate le questioni sollevate dai legali dell’imprenditore stabiese e già nel 2015 il ricorso portò all’annullamento del giudizio e al ritorno in secondo grado, stavolta dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, disponendo una perizia psichiatrica. Nel frattempo, il processo per gli altri imputati si chiuse con l’assoluzione per tutti. Il solo dispositivo di sentenza, però, secondo i giudici d’appello non era sufficiente per assolverlo, così arrivò una nuova condanna per l’imprenditore. L’ovvio ricorso in Cassazione – il secondo – portò alla riapertura del processo, di nuovo presso la Corte d’Appello di Napoli, ma dinanzi ad altri giudici.
Tra pandemia e difficoltà legate alle fissazioni dei processi di secondo grado, la vicenda giudiziaria per M.I. si è trascinata fino al 2021. Ormai libero, lontano da Castellammare di Stabia, ha atteso anche lui il pronunciamento della sentenza di assoluzione, che è arrivata solo nei giorni scorsi. «È stato un processo complicatissimo – commenta l’avvocato Antonio Spagnuolo – dove ogni questione processuale è stata affrontata e risolta solo in funzione dell’accertamento della verità, anche per il coinvolgimento di una minore». Ma nel frattempo, il 45enne ha già scontato una lunga detenzione tra carcere e domiciliari per una ingiusta condanna poi cancellata, mentre con la famiglia ha deciso di chiudere l’attività e di trasferirsi lontano da Castellammare, dove si è ricostruito una vita.
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