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Ha saputo solo nella serata di ieri di essere al centro di una mobilitazione internazionale in suo favore, si è detto commosso per l'attenzione che il suo caso sta sollevando, sul piano dei delicati equilibri tra Europa e Russia. Lì, nel chiuso di una cella del carcere di Poggioreale (condivisa con un altro cittadino straniero), appare quanto mai determinato a proseguire la sua battaglia. È deciso a chiedere all'autorità giudiziaria italiana di non assecondare la richiesta di estradizione che verrà formalizzata dall'autorità giudiziaria della Russia, paese nel quale risulta condannato a dieci anni di reclusione per ipotesi che vanno dall'appropriazione indebita alla frode. Eccolo Eugene Lavrenchuck, il regista ucraino arrestato lo scorso 17 dicembre a Napoli, città dove aveva fatto scalo temporaneo, dopo essere partito da Tel Aviv. Un intrigo che va raccontato a partire dalle poche righe inoltrate alla Procura generale di Napoli, in occasione della prima udienza che si è tenuta lo scorso 20 dicembre.
Una sorta di dichiarazione di intenti, per altro confermata dal suo legale Alfonso Tatarano, con cui il regista insiste su un punto: «Se venissi trasferito in Russia, se la richiesta di estradizione andasse a buon fine, sono a rischio». Un escamotage per sfuggire a una condanna definitiva, per aver sottratto - secondo quanto sostengono i russi - circa 50mila euro destinati alla ristrutturazione di un teatro? Tutt'altra cosa - ha spiegato in sintesi il regista - come appare evidente dalla sequenza di pregiudizi, ma anche episodi sinistri che sarebbero stati consumati nei suoi confronti. Ed è questo il punto in cui Lavrenchuk si limita ad accennare dei particolari inediti legati al suo recente passato, particolari - precisa - che confermano l'alta esposizione al pericolo del cittadino ucraino, qualora venisse accordata l'estradizione in Russia.
Apprezzato regista del teatro polacco a Mosca, Lavrenchuk sarebbe stato invitato dai russi ad esprimere il suo assenso - in qualità di cittadino ucraino - nei confronti dell'invasione della Crimea da parte della stessa Russia. Parliamo del primo evento del conflitto russo-ucraino (2014), sul quale il regista non avrebbe avuto dubbi, tanto da esprimere pubblicamente il proprio dissenso verso la strategia annessionistica di Putin. E quali sarebbero state le conseguenze? Stando alla breve testimonianza messa agli atti, ci sarebbe stato un crescendo di pregiudizi e di ostilità, poi culminati in un episodio specifico: «Un'aggressione fisica a Odessa», dove il regista si era stabilito per motivi di lavoro.
Il Mattino