Forcella, l'agguato di piazza Calenda è un «segnale»: guerra Sibillo-Mazzarella per lo spaccio

Le piazze dello spaccio hanno riaperto i battenti. Nei cortili di via Sant'Agostino alla Zecca e all'interno dei bassi intorno a piazza Sant'Arcangelo a Baiano si...

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Le piazze dello spaccio hanno riaperto i battenti. Nei cortili di via Sant'Agostino alla Zecca e all'interno dei bassi intorno a piazza Sant'Arcangelo a Baiano si entra ed esce guardinghi, non tanto per paura di incappare in una pattuglia di Falchi ma perché ora tutti devono guardarsi le spalle da chi è tornato per rimettere a posto, a modo suo, ogni cosa. Nei vicoli del centro storico di Napoli trasformati in una nuova casbah di illegalità diffusa la vendita di droga frutta ancora tanti soldi. Cocaina, eroina, hashish e marijuana rendono qualcosa come 700-750mila euro al mese a chi riesce a mettere le mani su quella ventina di piazze di spaccio comprese tra piazza Bellini e la Maddalena.

Un gioco che vale la candela, soprattutto in questo momento. Ecco perché a Forcella è tornata a tirare una brutta aria. Mai come in questo caso il punto di rottura, culminato nell'uccisione di Maikol Giuseppe Russo («colpevole» di essersi intrattenuto all'esterno di un bar nel pomeriggio del 31 dicembre) potrebbe però coincidere con un punto di non ritorno per molti. Questo i pusher lo sanno benissimo: e fiutando l'aria che tira c'è già chi cerca un riposizionamento. Lo spaccio della droga è un'attività che comporta i suoi rischi; oggi chi si era affidato alla «protezione» dei fratelli Sibillo e dei giovani eredi di terza e quarta generazione della famiglia Giuliano sa che sullo scacchiere criminale sono tornati i vecchi, odiati nemici: i Mazzarella.
Ma la droga resta uno di quei business che non si può interrompere. Decimati dagli omicidi e dagli arresti che si sono susseguiti negli ultimi dodici mesi, le falangi del cartello un tempo riconducibile al quadrumvirato familiare dei Sibillo-Giuliano-Brunetti-Amirante sono ridotte al lumicino. Resiste tuttavia ancora un gruppetto di irriducibili, oggi capeggiato da altri due giovanissimi cugini di Emanuele e Pasquale Sibillo: tenuti d'occhio dalle forze dell'ordine, ma pur sempre ancora capaci - come conferma una autorevole fonte investigativa - di riorganizzare un tentativo di fronda al ritorno dei Mazzarella.
Il quadro è quanto mai confuso. E nella sua cornice si aggirano come schegge impazzite reduci e fuoriusciti della prima e dell'ultima ora. Ecco perché si fa un gran parlare di Salvatore Barile, rampollo dei Mazzarella.

È figlio di Luisa Mazzarella, sorella dei capi storici del clan, Gennaro, Ciro e Vincenzo. A 33 anni viene considerato uno dei più pericolosi elementi del sodalizio criminale che pure ha subìto nel corso di questi ultimi anni formidabili scossoni giudiziari (anche grazie al pentimento di alcuni ex affiliati). Oggi è su di lui che si concentrano le maggiori preoccupazioni da parte di chi teme che Forcella torni ad infiammarsi in un nuovo autodafé camorrista. «Totoriello» avrebbe le carte in regola per cercare di riconquistare il quartiere che fu dei Giuliano; e intorno a lui avrebbe coagulato un gruppo di giovani pronti a tutto.
Ma sul palcoscenico che disegna questo scenario convulso c'è spazio anche per un'altra quinta: il Rione Sanità. Stretto a sua volta nella morsa del clan Lo Russo, il quartiere che fu enclave di «don Peppe Misso» non resta certo alla finestra ed anzi cerca nuove sponde proprio guardando verso i Decumani. Naturalmente anche qui i protagonisti di un possibile tentativo di scalata criminale sono tutti giovani e irrequieti. Il terribile sospetto che nessuno ufficialmente vuole ammettere è che oggi per farsi strada e conquistare le vette del panorama criminale servono due cose: la violenza e solide alleanze. La verità è che quando gli scenari diventano più confusi, allora gli imprevisti si trasformano in variabili capaci di incidere in maniera determinante nel caos. Da questo punto di vista - e la storia delle «guerre» criminali combattute negli ultimi trent'anni a Napoli - le alleanze diventano gli strumenti più formidabili per far pendere l'ago della bilancia. Ed ecco perché oggi c'è chi cerca di seminare il terrore nei quartieri del centro storico.


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Il Mattino