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Il nodo principale da sciogliere per il rilancio della Galleria Umberto I riguarda le ingombranti impalcature che, sia all'esterno che all'interno, ingabbiano il primo salotto di Napoli dal lato di via Toledo. A chi spetta fare i lavori e quindi eliminarle? La risposta alla domanda si è fatta sempre più delicata negli ultimi 8 anni (Salvatore Giordano fu ucciso da un fregio caduto dalla Umberto I nel luglio 2014), tanto da finire sulle scrivanie dei giudici, e al centro di un contenzioso tra Comune e privati la cui soluzione sarà l'argomento principale del tavolo convocato la prossima settimana in Prefettura. Nell'attesa dell'importante incontro tra il sindaco Manfredi e i proprietari, il Mattino ha messo le mani su un documento del 30 dicembre 1886, scritto 5 anni prima dell'inaugurazione della Umberto I e siglato a Palazzo San Giacomo davanti al «Notaio Certificatore Reale Francesco Scotti di Uccio» dalle parti costituite: «Il sindaco di Napoli, commendatore Nicola Amore» da un lato. E dall'altro i costruttori della Galleria, il genovese «avvocato Tito Orsini», nella «qualità di presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Impresa dell'Esquilino con sede in Torino», accompagnato da i «signori Enrico Deserti e Giuseppe Fantoni».
Prima di svelare i contenuti del documento, è importante ricordare che, al contrario della Vittorio Emanuele di Milano, a spesa e gestione pubblica, la costruzione della Umberto I fu ripagata in gran parte con le vendite ai privati degli appartamenti ricavati all'interno.
Passiamo ai contenuti, che fanno luce sulle competenze della manutenzione. «Restano obbligati i concessionari alla manutenzione della decorazione interna ed esterna della Galleria in ogni tempo - si legge nell'articolo 24 a pagina 17 - sia per quanto riflette il prospetto del piano terraneo, quanto quelli dei piani superiori che rispondono ad abitazione con veduta nell'interno della stessa. Tale decorazione dovrà essere in ogni tempo mantenuta a carico dei concessionari o loro aventi causa». In sostanza, i privati che acquistarono dalla Esquilino. «Il Municipio avrà facoltà di richiedere in linea amministrativa l'adempimento di quanto è detto sopra - prosegue il documento - e di eseguire il lavoro in danno, in caso di inadempienza. Tale obbligo dovrà per patto espresso far parte dei possibili contratti di alienazione degli stabili da parte della Società dell'Esquilino». Nel documento (di 22 pagine) ne manca una. A parte questo giallo, è importante sottolineare che nello scritto vengono citate le «norme di un regolamento speciale», la cui scoperta potrebbe portare nuova e diversa luce sulle competenze. L'ultima parola, in ogni caso, sarà scritta dai giudici.
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