Giamaica dei monti Lattari: l'alleanza per la droga dietro quattro omicidi

Giamaica dei monti Lattari: l'alleanza per la droga dietro quattro omicidi
«Dopo l'accordo con il clan Di Martino, i D'Alessandro hanno smesso di comprare la marijuana a Lettere, anche se quella droga era paesana e veniva da coltivazioni in...

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«Dopo l'accordo con il clan Di Martino, i D'Alessandro hanno smesso di comprare la marijuana a Lettere, anche se quella droga era paesana e veniva da coltivazioni in zona». La prima testimonianza di Pasquale Rapicano, ex killer del clan D'Alessandro di Castellammare ed oggi collaboratore di giustizia, è servita ieri per raccontare uno spaccato di camorra fatto di business milionari che, ha raccontato l'altro pentito Renato Cavaliere, fruttavano ogni mese «solo dalle piazze di spaccio fino a 400mila euro nelle casse del clan». Il processo «Domino» ai narcos dei D'Alessandro si è già celebrato con rito abbreviato per una ventina di capi e affiliati, tutti condannati a pene esemplari meno di un mese fa. Ieri mattina, al tribunale di Torre Annunziata, è iniziato lo stralcio con rito ordinario per altri cinque imputati, ritenuti marginali nell'inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli e condotta dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia e dal nucleo investigativo di Torre Annunziata. Luigi Staiano, Tommaso Naclerio, Michele Di Maria, Ernesto Di Maio e Vincenzo Starita sono accusati di vari episodi di spaccio e forniture di droga alle varie piazze e si difendono dalle accuse assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Antonio de Martino, Alfonso Piscino, Vittorio Giaquinto, Giovanni Sicignano e Giuliano Sorrentino. Ieri il pm Giuseppe Cimmarotta ha chiamato a testimoniare i primi due collaboratori di giustizia che hanno svelato i meccanismi delle forniture di droga in particolare marijuana per le piazze di spaccio di Castellammare e dintorni. Tutto doveva passare attraverso l'hub del traffico di droga costituito dal clan D'Alessandro. Attenzione concentrata soprattutto sulle prime dichiarazioni rese in un processo da Rapicano, condannato all'ergastolo un anno fa e passato tra i pentiti qualche mese dopo. «Noi D'Alessandro avevamo fatto un progetto ha detto ieri collegato in videoconferenza che era legato alla droga. A tavola ci sedemmo io, Michelino D'Alessandro figlio di Luigi (Gigginiello, attuale reggente del clan, ndr), Antonio Rossetti (condannato a 20 anni) e altri. Nel 2012 decidemmo che i Di Martino erano nostri alleati, per l'accordo fatto da Paolo Carolei (oggi detenuto al 41-bis). Antonio Di Martino (latitante arrestato la scorsa settimana) ci riforniva la marijuana albanese, che non era di qualità come quella di Lettere. Non la sanno coltivare, ma anche loro avevano tanti detenuti e dovevamo fare squadra». I rifornimenti arrivavano «dai boschi, alla Madonna della Libera, oppure al Centro Antico e a Scanzano».

Un tempo rivali per la scelta del capoclan Leonardo Di Martino di ospitare Mario Umberto Imparato nella faida contro i D'Alessandro, con la nuova generazione del clan è stata sancita un'alleanza per la marijuana talmente forte da decidere degli omicidi: «Una volta Antonio Maragas (affiliato al clan Cesarano) picchiò Antonio Di Martino in strada e a Scanzano ha spiegato Rapicano era arrivata una imbasciata che dovevamo ammazzare Maragas per vendicarlo». E poi i rapporti con i narcos di Lettere: «Prima, noi di Scanzano eravamo amici di Mario Cuomo di Casola e di conseguenza di Ciro Orazzo e Antonino Di Lorenzo, ma loro erano in contrasto con i Di Martino». Tra il 2012 e il 2019, i tre sono stati ammazzati in agguati di camorra nella «Giamaica dei Lattari». «Sia Cuomo che Rino Chierchia di Gragnano (anche lui ucciso in un agguato) facevano capo ai D'Alessandro ha aggiunto Cavaliere e ci rifornivano di marijuana e cocaina. Orazzo gestiva piantagioni dappertutto».

 

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Il Mattino