Giancarlo Siani, reddito di cittadinanza al figlio di Baccante: il padre tra i mandanti dell'omicidio

Giancarlo Siani, reddito di cittadinanza al figlio di Baccante: il padre tra i mandanti dell'omicidio
Il padre è stato condannato come mandante del delitto Siani, ma al figlio tocca il reddito di cittadinanza. Nell’intrigo delle leggi può capitare anche questo,...

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Il padre è stato condannato come mandante del delitto Siani, ma al figlio tocca il reddito di cittadinanza. Nell’intrigo delle leggi può capitare anche questo, senza che nessuna norma sia violata.

Luigi Baccante, capo dell’omonimo clan di Marano, è stato condannato in via definitiva, con Angelo Nuvoletta, per aver voluto e organizzato l’uccisione del cronista del Mattino. Il figlio del boss vive con la madre e appartiene a uno dei 250mila nuclei familiari campani che intasca il beneficio. Sembra un assurdo, ma non lo è, poiché la legge esclude solo chi si sia macchiato di delitti connessi con l’associazione mafiosa, con il terrorismo e l’eversione, o abbia dichiarato il falso nella domanda di ammissione. Ovviamente le colpe dei padri non possono ricadere sui figli. E non conta niente che recentemente il pentito di camorra Roberto Perrone abbia spiegato come i clan di Marano continuino a versare soldi alle famiglie dei detenuti: «Discutevo con Giuseppe Polverino della somma che, come clan, continuiamo a riconoscere al gruppo Nuvoletta per “mantenere” comunque dei rapporti con il gruppo originario al quale eravamo legati. Il Polverino, infatti, ha disposto di riconoscere per i detenuti dei Nuvoletta una cifra variabile tra gli 80/90mila euro per tre volte l’anno, denaro che abbiamo sempre consegnato a Maurizio Baccante e talvolta a Angelo Nuvoletta (detto ‘ngiolotto, omonimo del boss morto in cella) oppure agli Orlando o a Papele o ad Antonio Orlando. Ebbene, in una di queste occasioni, Giuseppe Polverino mi disse che gli unici soldi che avevano una valida giustificazione erano quelli che, da questa cifra, venivano poi consegnati alle famiglie dei due detenuti all’ergastolo per l’omicidio Siani, ossia Armando Del Core e Ciro Cappuccio». Non conta niente perché il procedimento nato dalle dichiarazioni è ancora in corso, ma anche perché non è assolutamente detto che il denaro sia finito anche alla famiglia Baccante alla quale, quindi, per legge tocca il reddito di cittadinanza, come ogni altro beneficio previsto per chi guadagna poco o niente. «Non si può penalizzare chi non ha colpe dirette e rispetta le leggi - dice Michele Raccuglia, direttore dell’Anpal (agenzia nazionale politiche attive del Lavoro) di Campania e Calabria - anzi bisognerebbe sostenere i figli dei criminali e spingerli verso una vita diversa e migliore rispetto a quella dei genitori».

Al momento i parenti dei mafiosi continuano ad avere diritto ai benefici previsti per chi non ha reddito a patto di non avere il carcerato nel proprio stato di famiglia. Come ne hanno diritto tutti quelli che hanno commesso reati che non facciano parte dell’elenco previsto dalla legge. E non solo: da qualche tempo Inps e ministero del Lavoro discutono della possibilità di far comunicare le proprie banche dati, ma finora non è stato raggiunto un accordo. Un grave handicap per un sistema che si basa sostanzialmente sull’autocertificazione. E infatti le pagine dei giornali continuano a essere piene di furbetti, anche molto noti alle cronache giudiziarie, che intascano l’assegno senza averne diritto. A dicembre il garante della privacy ha approvato uno schema dell’istituto di previdenza che dovrebbe dare il via a uno scambio di informazioni tra diverse amministrazioni - anagrafe tributaria, registro automobilistico, comuni e regioni, per permettere controlli più rapidi ed efficienti. Ma il dibattito resta aperto.

Intanto vedove, figli e genitori delle vittime del dovere e della mafia per ottenere i vitalizi previsti dalla legge devono ovviamente dimostrare di essere estranei al delitto, ma anche di non avere parenti fino al quarto grado con precedenti penali. Un’incongruenza alla quale sta cercando di mettere rimedio l’onorevole Paolo Siani, fratello del reporter ammazzato, che ha proposto di modificare la legge del 2 ottobre del 2008 prevedendo la concessione dei benefici ai superstiti che non abbiano rapporti con i criminali entro il secondo grado di parentela.

 

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Il Mattino