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La parola mafia? Sparita dall'agenda non solo della politica, ma anche dei sindacati. Le imprese? Vivono di una componente mafiosa. È un fiume in piena, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, che da Napoli ieri è tornato a lanciare l'allarme sui fondi europei del Pnrr e sui rischi che possano finire nelle mani sbagliate, cioè in quelle della criminalità organizzata. L'alto magistrato è intervenuto a Palazzo Fuga al convegno organizzato dalla Federazione antiracket e antiusura, il cui presidente onorario Tano Grasso ha moderato i lavori.
«Oggi - esordisce Melillo - non vedo tracce di interventi sindacali sulle mafie. Sul versante dell'aggressione ai diritti portato dalla criminalità organizzata da tempo ormai non vedo più intervenire le formazioni intermedie: su questo fronte del sindacato, tranne qualche convegno, non vedo più traccia di denuncia, che pure servirebbe ad esempio in occasione delle confische e dei sequestri di aziende. Il sindacato su questo punto bisognerebbe interrogarsi. Non interviene più nemmeno quando vengono sciolti per infiltrazioni mafiose Comuni importanti, rappresentativi di decine di migliaia di abitanti: eppure quello stesso sindacato è presente nelle strutture amministrative. Prendo atto che resta solo la solitudine dell'associazionismo: e per questo la Fai oggi rappresenta associazionismo moderno, colto coraggioso, integrativo nel senso che si rivolge alla tutela delle persone e che è in grado di espandersi».
Ma non è finita.
Melillo fa un esempio concreto: «Le false fatturazioni: vogliamo dirlo che una parte del tessuto economico e produttivo si nutre oggi dei flussi finanziari e delle provviste clandestine determinate dal ricorso sistematico a gigantesche frodi fiscali? E oggi la criminalità economica mafiosa è anche questo».
Al dibattito hanno partecipato anche il prefetto Claudio Palomba, il sindaco Gaetano Manfredi, i rappresentanti Fai Rosario Iovine e Luigi Petrucci, il presidente Acen Angelo Lancellotti, e il prefetto Maria Grazia Nicolo, Commissario nazionale Antiracket e Antiusura, che ha ricordato come - nel triennio 2020-2023 - nella sola Campania siano stati erogati 16 milioni di euro a titolo di risarcimento per le vittime delle estorsioni e tre per quelle dell'usura.
Ma torniamo ai rischi legati ai fondi europei. I principali restano quello delle concessioni di sub-appalto a cascata e la corruzione. «Anche su questo punto - prosegue il procuratore nazionale antimafia - come si pensa di fare prevenzione? In che modo le imprese offrono il loro contributo? Di norma, magari, piazzando un ex magistrato o un ex professore universitario nella Commissione di vigilanza....».
Che cosa si gioca allora con la partita del Pnrr? «Penso che si sia iniziati col piede sbagliato - conclude il magistrato - e che pesi il deficit di responsabilità del mondo imprenditoriale. Qualcuno ricorderà l'assalto ai fondi del dopo-terremoto o ai lavori di Italia 90. Qual è la differenza tra allora e oggi? Che stavolta la partita non è domestica, ma si gioca sotto gli occhi dell'Europa. Ricordo le parole che Mario Draghi disse in occasione della sua visita alla DNA, a Roma: Guai se si diffondesse in Europa l'idea che i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che sono soldi versati da tutti i contribuenti europei, finissero nelle tasche delle mafie». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino