Gianni Melillo a Napoli: Pnrr partito male, la mafia è nelle imprese e i sindacati sono assenti

Il convegno della Federazione antiracket a Palazzo Fuga

Gianni Melillo al tavolo dei relatori
La parola mafia? Sparita dall'agenda non solo della politica, ma anche dei sindacati. Le imprese? Vivono di una componente mafiosa. È un fiume in piena, il procuratore...

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La parola mafia? Sparita dall'agenda non solo della politica, ma anche dei sindacati. Le imprese? Vivono di una componente mafiosa. È un fiume in piena, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, che da Napoli ieri è tornato a lanciare l'allarme sui fondi europei del Pnrr e sui rischi che possano finire nelle mani sbagliate, cioè in quelle della criminalità organizzata. L'alto magistrato è intervenuto a Palazzo Fuga al convegno organizzato dalla Federazione antiracket e antiusura, il cui presidente onorario Tano Grasso ha moderato i lavori.

«Oggi - esordisce Melillo - non vedo tracce di interventi sindacali sulle mafie. Sul versante dell'aggressione ai diritti portato dalla criminalità organizzata da tempo ormai non vedo più intervenire le formazioni intermedie: su questo fronte del sindacato, tranne qualche convegno, non vedo più traccia di denuncia, che pure servirebbe ad esempio in occasione delle confische e dei sequestri di aziende. Il sindacato su questo punto bisognerebbe interrogarsi. Non interviene più nemmeno quando vengono sciolti per infiltrazioni mafiose Comuni importanti, rappresentativi di decine di migliaia di abitanti: eppure quello stesso sindacato è presente nelle strutture amministrative. Prendo atto che resta solo la solitudine dell'associazionismo: e per questo la Fai oggi rappresenta associazionismo moderno, colto coraggioso, integrativo nel senso che si rivolge alla tutela delle persone e che è in grado di espandersi».

Ma non è finita. Tocca al capitolo delle cosiddette aree grigie, quelle popolate da insospettabili che si rivelano invece conniventi, se non complici di camorra, ndrangheta e Cosa nostra. «Chiamiamo le cose con il loro nome: sono aree sporche, e non ne è esente nemmeno l'impresa: anzi direi che oggi la mafia è diventata una componente strutturale del mercato dell'impresa, altra dimensione della criminalità. Gli imprenditori sanno che, accanto all'estorsione fatta dal signore con la coppola in testa e la lupara sulle spalle, c'è una forma di vessazione che si consuma all'interno dell'impresa stessa: perché quando un'azienda mafiosa entra in una rete più ampia, inquina l'intero network».

Melillo fa un esempio concreto: «Le false fatturazioni: vogliamo dirlo che una parte del tessuto economico e produttivo si nutre oggi dei flussi finanziari e delle provviste clandestine determinate dal ricorso sistematico a gigantesche frodi fiscali? E oggi la criminalità economica mafiosa è anche questo». 

Al dibattito hanno partecipato anche il prefetto Claudio Palomba, il sindaco Gaetano Manfredi, i rappresentanti Fai Rosario Iovine e Luigi Petrucci, il presidente Acen Angelo Lancellotti, e il prefetto Maria Grazia Nicolo, Commissario nazionale Antiracket e Antiusura, che ha ricordato come - nel triennio 2020-2023 - nella sola Campania siano stati erogati 16 milioni di euro a titolo di risarcimento per le vittime delle estorsioni e tre per quelle dell'usura.

Ma torniamo ai rischi legati ai fondi europei. I principali restano quello delle concessioni di sub-appalto a cascata e la corruzione. «Anche su questo punto - prosegue il procuratore nazionale antimafia - come si pensa di fare prevenzione? In che modo le imprese offrono il loro contributo? Di norma, magari, piazzando un ex magistrato o un ex professore universitario nella Commissione di vigilanza....».


Che cosa si gioca allora con la partita del Pnrr? «Penso che si sia iniziati col piede sbagliato - conclude il magistrato - e che pesi il deficit di responsabilità del mondo imprenditoriale. Qualcuno ricorderà l'assalto ai fondi del dopo-terremoto o ai lavori di Italia 90. Qual è la differenza tra allora e oggi? Che stavolta la partita non è domestica, ma si gioca sotto gli occhi dell'Europa. Ricordo le parole che Mario Draghi disse in occasione della sua visita alla DNA, a Roma: Guai se si diffondesse in Europa l'idea che i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che sono soldi versati da tutti i contribuenti europei, finissero nelle tasche delle mafie».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino