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Napoli - Mamma Bona non ha mai staccato gli occhi dalle trasmissioni che stanno raccontando, da una settimana a questa parte, il recupero della Concordia. E quando il sontuoso relitto ha lasciato finalmente le acque del Giglio, sotto le telecamere di mezzo mondo, ha pianto. Di commozione e orgoglio.
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Suo figlio, ventotto anni, napoletano doc a dispetto del cognome - si chiama Riccardo Mac Leod - è uno dei cervelli che hanno lavorato per la costruzione delle ormai famose scatole che stanno consentendo al sontuoso relitto della Concordia di galleggiare per essere trasportato nei cantieri navali di Genova.
L’«eroe» Riccardo si è laureato a Napoli, alla Federico II. Soltanto tre anni fa. Ingegneria navale, con una tesi su un progetto di nave passeggeri. La sua professionalità, la sua bravura sono state apprezzate subito dalla “Ceccarelli Yacht Design” che due anni e mezzo fa ottenne l’incarico per l’operazione di rimozione della nave targata Costa naufragata al Giglio.
Riccardo Mac Leod è rientrato l’altra notte dall’isola che ha “ospitato” la Concordia da quella tragica sciagura del 13 gennaio 2012. E racconta le fasi dell’operazione che lo hanno tenuto impegnato, in prima linea, per ventuno faticosissimi mesi.
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