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Doveva incontrare delle persone che non sono di Milano. Aveva appuntamento con soggetti che non vivono nel capoluogo lombardo. Aveva sì un meeting di lavoro, a proposito di una possibile intrapresa commerciale legata alla ricerca sanitaria, ma i suoi interlocutori venivano da altre città, probabilmente da altri Paesi.
È questo un primo tassello che emerge nel corso delle indagini condotte dalla Procura di Milano, nel tentativo di ricostruire le circostanze legate alla morte del ginecologo beneventano, ma da tempo radicato a Napoli, il sessantacinquenne Stefano Ansaldi. Ricordate il caso? Una sorta di mistero che risale a otto giorni fa nei pressi della stazione meneghina. Via Vacchi, a due passi dal centro del sindacato dei medici lombardo, nei pressi di un sottopassaggio ricavato da tubi Innocenti. Un allestimento che ha fatto da teatro di un episodio misterioso, su cui sono in corso le indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Milano.
Indagine condotta dal pm Adriano Scudieri, magistrato in forza alla Procura del capoluogo lombardo, l'ipotesi principale resta quella di omicidio a carico di ignoti. Ma non si esclude alcuna pista: si va dall'aggressione estemporanea, a scopo predatorio, al delitto nato dopo un litigio, per arrivare poi a verificare anche un'altra pista: quella del suicidio, dell'azione violenta e autolesionista, rivolta con forza contro se stesso, probabilmente da parte di un uomo giunto al capolinea con la propria esistenza.
Lo ripetiamo.
IL MEETING
Broker? Imprenditori? Lobbisti? Faccendieri? Spetta ai magistrati fare chiarezza, in uno scenario investigativo che fa leva anche attorno ad altri punti tutti da esplorare. Un puzzle, con tanti tasselli: come la scomparsa del telefonino cellulare. Ha smesso di funzionare intorno alle 17, vale a dire un'ora prima del decesso del ginecologo. Che è successo al cellulare? È stato smarrito? O è stato reso a qualcuno? Si è rotto? O è stato gettato via, quasi a voler confermare quel senso di nulla che appartiene a chi decide di togliersi la vita. Ipotesi, nulla più. Che fanno i conti con dei punti decisamente ambigui. Come l'orologio Rolex tolto dal polso, chiuso all'altezza del cinturino, per poi essere adagiato a terra prima della morte. Come quel coltellaccio da cucina usato alla gola che i parenti del ginecologo non hanno riconosciuto come un oggetto familiare, proveniente dall'abitazione in cui abitava il medico. Stranezze del caso, in un giallo ancora tutto da svelare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino