I racconti dal Santobono: «Noi bimbi in fuga da Kiev, così Napoli ci ha salvato»

I racconti dal Santobono: «Noi bimbi in fuga da Kiev, così Napoli ci ha salvato»
«Tra la ripresa dei ricoveri per Covid in età pediatrica e l’arrivo dei piccoli profughi di guerra ucraini non c’è tregua per chi lavora in...

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«Tra la ripresa dei ricoveri per Covid in età pediatrica e l’arrivo dei piccoli profughi di guerra ucraini non c’è tregua per chi lavora in Emergenza. Ma in questo momento tutto l’impegno e tutta la nostra attenzione vanno verso questo popolo brutalizzato che scappa dall’orrore di una guerra fratricida. Abbiamo assistito, fino a oggi, una settantina di bambini provenienti da quelle aree. Storie allucinanti che, più o meno, si ripetono con uno stesso cliché: fughe a piedi o con mezzi di fortuna per chilometri, con viveri e acqua razionati». Vincenzo Tipo, direttore dell’Unità operativa di Pronto soccorso del Santobono, lo scrive in un lungo e accorato post su Facebook.



E lo fa per raccontare, non senza commozione, le storie e le vite dei piccoli - e delle loro mamme - che ormai quotidianamente vengono accompagnati in quell’ospedale: «Per le condizioni precarie e la grande promiscuità dei centri di raccolta, i bambini si ammalano facilmente: arrivano stressati, disidratati e denutriti. I racconti - aggiunge - poi sono strazianti».

Uno in modo particolare il primario non riesce a toglierselo dalla testa: «È il ricordo di una donna di Mariupol giunta pochi giorni fa: ci ha raccontato di essere scappata, sotto un bombardamento, col suo bambino e uno zainetto che conteneva solo quattro cose: quello che era riuscita a prendere in pochi minuti. Mentre correva - scrive ancora il primario - ha visto un missile abbattere la sua abitazione». E poi aggiunge: «Ha camminato per dodici chilometri dando al suo bambino quel poco di cibo e di acqua che aveva con sé. Poi ha trovato un gruppo di volontari che l’ha portata alla frontiera con la Polonia. Qui da noi è stata tutto il tempo rivolta verso la finestra con lo sguardo perso nel vuoto e il cellulare stretto in mano. Aspettava una telefonata del marito che non c’è stata e forse non ci sarà mai». Per i profughi, scrive ancora Tipo, la macchina della solidarietà si è messa subito in moto - insieme con gli interventi volontari del personale - grazie alla Fondazione Santobono Pausilipon, diretta da Flavia Matrisciano, nata per affiancare l’ospedale pediatrico nelle attività di assistenza, nello sviluppo di progetti di formazione e ricerca sia in campo nazionale che internazionale. 

«Con il direttore generale dell’ospedale, Rodolfo Conenna, la Fondazione si sta anche occupando di organizzare l’accoglienza per un gruppo di bambini oncologici in arrivo a Napoli la prossima settimana. Hanno assolutamente bisogno di continuare al più presto le cure che facevano in Ucraina se non vogliono vanificare il percorso terapeutico seguito fino a oggi. - aggiunge il dottore Tipo - Sono storie che levano il fiato: bambini provati prima dalla malattia e poi dalla guerra». Da qui la decisione di rendersi promotori di un altro gesto di solidarietà: «I medici del Pronto soccorso, autori del libro “Emergenze pediatriche”, hanno deciso di devolvere i proventi alla Fondazione per il supporto ai corridoi umanitari che si occupano di bambini malati».

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Il Mattino