«È ai domiciliari, ma vive come se fosse libero. Da casa sua pubblicizza, e presumibilmente vende, una serie di prodotti sulla pagina di un social network»....
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LA SEGNALAZIONE
Giuseppe non appare in viso nei video e nelle foto «incriminate». Ciò che si nota, però, è un braccio sul quale è tatuato «l'occhio di Alessandra». Un tatuaggio molto particolare, riconosciuto dalla signora Olimpia e dagli amici della ragazza. «Giuseppe diceva che non gli bastava guardare gli occhi di Alessandra - spiega la mamma della giovane ballerina di Melito - Doveva averne almeno uno sulla sua pelle. È un tatuaggio noto a tanti ed è la prova che è ritornato ad utilizzare le pagine dei social per pubblicizzare, e di conseguenzae vendere, i suoi prodotti». Qualche esempio? Un orologio è proposto a 35 euro, un borsello costa 19.50, uno zaino trenta. «Ho notato - dice mamma Olimpia - anche che Varriale ha un nuovo tatuaggio sul braccio. Chi glielo ha fatto? Ha avuto un permesso dall'autorità giudiziaria? Io non mi arrendo - aggiunge la donna - Giuseppe è stato condannato e deve rispettare ciò che è contenuto nella sentenza pronunciata dai giudici».
I carabinieri di Mugnano segnaleranno il caso al tribunale di sorveglianza di Napoli, che ha imposto al condannato alcune prescrizioni, tra cui quella di non interagire con l'esterno attraverso i social network. Circostanza confermata anche dal legale di Varriale, l'avvocato Nicola Pomponio. «Non sono a conoscenza della vicenda legata alla pubblicizzazione di prodotti né della denuncia sporta dalla signora Olimpia Cacace. Ad ogni modo - osserva il difensore di Giuseppe Varriale - prima di parlare di violazione di obblighi e prescrizioni del tribunale, effettivamente imposte a Giuseppe, bisognerebbe avere la certezza che a compierle sia stato proprio il mio assistito». I genitori di Varriale sono commercianti di lungo corso, molto noti soprattutto a Mugnano. E non è da escludere, come ipotizzato dal legale di Giuseppe, che abbiano potuto rilevare o riattivare loro la pagina «93 street».
IL PROCESSO
In primo grado Varriale fu condannato, per omicidio stradale, a quattro anni e otto mesi di reclusione, a fronte della richiesta della pubblica accusa di una condanna a trent'anni per omicidio volontario. In appello la pena è stata raddoppiata, ma i giudici della Corte d'Assise d'Appello hanno riconosciuto - così come fatto in precedenza dal gip del tribunale Napoli nord - che l'intenzione del 28enne non era quella di uccidere Alessandra, bensì di arrecarle esclusivamente un danno fisico. Una sentenza che i genitori di Alessandra Madonna, papà Vincenzo e mamma Olimpia, hanno apertamente contestato. «Per noi si è trattato di omicidio volontario: la pena non rende giustizia a nostra figlia». La vicenda giudiziaria sarà, nei prossimi mesi, al vaglio della Corte di Cassazione. Ma le schermaglie legali tra la famiglia Madonna e quella di Giuseppe erano iniziate ben prima dell'inizio del processo. Mamma Olimpia, denunciata dai Varriale per stalking, era stata condannata a sei mesi (pena sospesa) e per un lungo periodo le era stato vietato di avvicinarsi ai luoghi frequentati dai familiari del giovane. Dopo la morte di Alessandra, la donna, straziata dal dolore, si recava ogni giorno nei pressi del parco di Mugnano, dove si era consumata la tragedia e dove ancora oggi risiedono i Varriale. Olimpia era solita deporre fiori e palloncini, ma in più di un'occasione era entrata in contrasto con i genitori di Giuseppe, che consideravano la sua costante presenza in quel luogo come persecutoria. La misura restrittiva è stata poi revocata e la donna è tornata libera di piangere la propria figlia sul luogo in cui l'ha persa.
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Il Mattino