Vive e lavora a Napoli, dove sono nate le indagini Consip ed è ancora in forza al comando regionale, quindi può ipoteticamente condizionare l’inchiesta romana...
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Nella prima ordinanza del dicembre scorso il gip Sturzo ricordava gli episodi che avevano determinato il coinvolgimento di Scafarto (falso e rivelazione del segreto d’ufficio) e di Sessa (depistaggio legato a false dichiarazioni al pm). In merito al reato di depistaggio, il gip sottolineava come «Scafarto, che aveva subito il sequestro, in data 10 maggio 2017, del proprio smartphone al fine di accertare la natura ed il contenuto delle comunicazioni sia con gli altri militari impegnati nelle suddette indagini sia con estranei alle stesse, su richiesta ed istigazione di Sessa ed al fine di non rendere possibile ricostruire compiutamente le conversazioni intervenute con l’applicativo whatsapp, provvedeva a disinstallare dallo smartphone in uso a Sessa il suddetto applicativo; con l’aggravante - era scritto nella prima interdittiva - di aver commesso il fatto mediante distruzione o artificiosa alterazione di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento». Difeso dal penalista salernitano Giovanni Annunziata, Scafarto punta a fare appello al Riesame, per ottenere la revoca dell’interdizione. Ma l’accusa di depistaggio non è l’unica a carico dell’ex Noe. È infatti indagato per falso, in relazione agli errori riscontrati nell’informativa del nove gennaio del 2017, a proposito di una intercettazione tra l’imprenditore Alfredo Romeo e il suo ex consulente Italo Bocchino. Come è noto, la frase «Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato» veniva attribuita a Romeo, quando invece era stata pronunciata da Bocchino (che parlava di Matteo Renzi, non del padre Tiziano). E non è tutto. Altra accusa di falso per quanto riguarda il presunto controspionaggio governativo sulle indagini del Noe, smentito dagli stessi uomini di Scafarto nel Noe.
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Il Mattino