Venne ucciso perché aveva osato ribellarsi al racket, denunciare i propri estorsori, credere in una società diversa, libera dalla camorra. Venne trucidato...
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Fu così che una famiglia onesta venne espropriata di un bene che l’imprenditore ucciso aveva provato a mettere a riparo dalle estorsioni del clan. E non finì lì. Una volta messe le mani in un’azienda formalmente pulita, i casalesi avrebbero trasformato quell’agenzia (ma anche altre agenzie del territorio) in un luogo in cui consentire ai propri figli di acquisire la patente di guida. È il caso di Emanuele Libero Schiavone, classe 1991, figlio di Francesco «Sandokan» Schiavone, che avrebbe acquisito la patente nel 2009, passando proprio nell’agenzia di Noviello.
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Patenti facili, truccate, in alcuni casi insanguinate. Ma proviamo a seguire verbali di pentiti e riscontri degli inquirenti. Prima l’omicidio, poi l’acquisto di quella scuola guida a Castel Volturno: il 16 maggio del 2008 il delitto, due mesi dopo (il 28 luglio del 2008), la vendita dell’agenzia a soggetti indicati come «teste di ponte» dello stesso clan che aveva ammazzato Domenico Noviello. Diabolico, a leggere le carte della Motorizzazione, in un’inchiesta che chiama in causa dirigenti dell’ufficio di via Argine, pattuglie di ingegneri al soldo di corruttori senza scrupoli, commissari di esame e titolari di agenzie. Ed è a monte di questa vicenda, che si leggono i verbali del pentito Domenico Ianuario e della moglie Luana Luongo, che partono da un’accusa non da poco: Ciro Leva, il presunto dominus di un sistema in grado di assicurare patenti facili (a colpi di mazzette e imbrogli) a oltre seicento beneficiari si sarebbe mosso come prestanome di Pasquale Zagaria (pur non essendo accusato di fatti di camorra).
Giuseppe La Guardia, Gaetano Uccello, Ciro Leva: sono questi i nomi dei manager che rilevano l’agenzia di Domenico Noviello. E da questo momento in poi hanno inizio investimenti in un settore che i casalesi ritengono redditizio, proprio per il fiume di denaro che centinaia di persone sono disposte a versare pur di acquisire patenti facili, pur di ottenere brevetti, attestati o semplicemente per vedersi cancellare quei fastidiosi punti di penalty che scattano quando si commette una grave infrazione al codice della strada.
E poi c’è il filone sugli investimenti della camorra nelle scuole guida. E riguarda le patenti di figli, mogli e parenti dei boss proprio grazie alla gestione delle varie agenzie. Ha spiegato il pentito Salvatore Ianuario: «Gli stessi figli di Sandokan (Francesco Schiavone) sempre a detta di Ciro Leva hanno conseguito in questo modo la patente, in modo fraudolento. Tanto che mi ha spiegato - continua il pentito - che quando si trattava di persone dirette dei clan, gli ingegneri rinunciavano anche a un compenso corruttivo. In quanto Ciro Leva li presentava come amici di Casale, come appartenenti alla stessa famiglia». E c’è un punto del verbale in cui il pentito fa anche i nomi: «Io mi sono occupato del rilascio della patente di Angelina, che era la moglie di Nicola Della Corte, anche alcuni parenti di Sandokan (Francesco Schiavone) hanno conseguito la patente in questo modo; ci sono anche i figli di Francesco Schiavone di Luigi, detto Cicciariello, che hanno conseguito la patente con le stesse modalità, grazie a Ciro Leva, per quanto proprio quest’ultimo mi ha confidato».
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Puntuali i riscontri dei carabinieri del reparto operativo di Caserta (guidati dal comandante Salvatore Sferlazza): «Angelina Cacciapuoti, moglie di Nicola Della Corte, consegue la patente di tipo b a Napoli, tramite l’autoscuola di Sant’Erasmo dello stesso Ciro Leva, superando brillantemente quiz e prova pratica; lo stesso accade per Emanuele Libero Schiavone uno dei figli del noto boss Sandokan che «consegue patente B alla Motorizzazione di Napoli, per il tramite della scuola guida Driver global di Castelvolturno rilevata al defunto Domenico Noviello, che all’epoca dei fatti era in comproprietà tra Ciro leva e Gaetano Uccello».
Un circuito diabolico, che si chiude nel 2009, quando il figlio di Sandokan entra nell’agenzia che fu di uno dei martiri della furia casalese, iniziando pratiche e manovre sospette: le stesse che Noviello aveva provato a denunciare, rimettendoci la vita.
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Il Mattino