«Se ci ribellavamo a quelle condizioni di lavoro, ci veniva risposto “quella è la porta, potete andare». Alessandra, 32 anni, è una ex guida di...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Da dicembre 2016 a marzo 2018: questo il periodo in cui Alessandra ha lavorato a nero presso Napoli Sotterranea. «Lavoravo come guida, pur non essendo ancora abilitata all’epoca - spiega la 32enne - guadagnavo 4 euro l’ora per 10-11 ore al giorno, tutti i giorni, inclusi sabato e domenica. Non avevo nessun contratto. Alla fine della giornata o della settimana ci davano i soldi che ci spettavano per le ore che avevamo lavorato». Vane in quel periodo le rivendicazioni per «orari di lavoro più umani, pause pranzo (10-15 minuti tra un tour e l’altro), uso dei servizi igienici per i quali bisognava chiedere il permesso». Fino a quando la giovane ha deciso di dire basta: «era diventato insostenibile, sia per la mole di lavoro sia per la paga ridicola e per lo stress psicologico a cui io e gli altri eravamo sottoposti». Ritmi lavorativi ai limiti della sopportazione: con otto tour al giorno in italiano dalle 10 alle 18, «della durata di un’ora e mezza, cui si aggiungevano ogni due ore i tour in inglese, francese e spagnolo», aggiunge Maria Stefania, altra guida di 33 anni, laureata in archeologia che ha lavorato un anno presso il sito e che è tra i sei ex dipendenti che hanno fatto causa a Vincenzo Albertini, direttore dell’associazione. Ogni biglietto costa 10 euro: un dato non certo trascurabile, se si pensa al giro d’affari che ruota intorno ad uno dei beni archeologici più affollati dai turisti a Napoli. «Se lavoravo tutta la giornata riuscivo a guadagnare intorno ai 40 euro al giorno - aggiunge Alessandra - poi c’erano gli eventi serali e si andava avanti a volte fino a mezzanotte». Un «lavoro subordinato» e «non una prestazione occasionale», secondo i giudici della III sezione Lavoro del Tribunale di Napoli che hanno emesso la sentenza del risarcimento di 81mila euro. A sostenere le ex guide gli attivisti dell’Ex Opg, che hanno iniziato da qualche anno una battaglia contro il lavoro nero, ma anche contro presunte molestie, come quelle subite da un’altra ragazza, Grazia, per la quale a gennaio si attende la decisione dei magistrati. A difendere Alessandra, tra gli altri, Maurizio Di Stasi: «Il giudice ha affrontato nel rispetto della legge una questione molto importante - commenta il legale - quella del lavoro sommerso a Napoli, in provincia e nel sud Italia. Quindi si accende una luce su un fenomeno che è talmente diffuso da essere considerato per molti lavoratori quasi la normalità, quasi come se il lavoro fosse un regalo e la paga ancor di più». «La nostra è una battagli iniziata due anni fa - spiega Chiara Capretti, dell’Ex Opg - che mira a far conoscere tutte le situazioni critiche che interessano questa zona di Napoli, dal punto di vista turistico molto attiva, in cui lo sfruttamento dei lavoratori è quasi sistematico». Dopo avere stappato una bottiglia di spumante e offerto dolci ai passanti i manifestanti hanno attraversato le vie del centro. «La concessione di Napoli Sotterranea scadrà nel 2020 - fa sapere ancora l'attivista - dopo la condanna, le altre cause e la vicenda delle presunte molestie su un'altra ex guida, auspichiamo che il Comune decida per un cambio di gestione e che il sito sia internalizzato e i proventi vadano alla riqualificazione sociale del territorio. Come certificato dalla Corte dei Conti, che ha stimato come complessivo danno erariale sulle cavità sotterranee oltre 30milioni di euro e di fitti non sborsati, su Napoli Sotterranea è emerso che il gestore dovrebbe pagare un fitto di appena 800 euro mensili, che non sono peraltro stati versati negli ultimi anni». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino