Una storia di degrado e orrore. L’ennesima che ha come protagonista un minore di etnia Rom. Stavolta però c’è il lieto fine, con David (nome di fantasia)...
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La colpa di David è quella di non volersi adeguare alla cultura Rom, di preferire lo studio alla raccolta di ferro e oggetti da riciclare raccolti dai bidoni dell’immondizia, di essere perfino tra i migliori alunni ora che ha iniziato le superiori, di sognare e ambire a un futuro totalmente diverso. Accecato dalla ribellione del ragazzo, il padre si è accanito contro di lui prima con parole e insulti e poi, complice il vino che ingurgita da sempre senza limiti, ha iniziato a picchiarlo. Prima con le mani nude, colpendolo con schiaffoni e pugni, poi usando la cinghia da sferrare sul corpo. Quasi sempre la violenza durava fino a quando l’uomo sfinito dai fumi dell’alcol lo lasciava perdere. Ma stavolta ha preso la mazza da baseball e ha iniziato a colpirlo. David approfitta di un momento di distrazione e scappa via sanguinante per raggiungere la vicina sede della polizia municipale.
Qui il minore, che con la famiglia vive in un campo di Poggioreale da circa quattro anni, con il volto tumefatto, ecchimosi ed escoriazioni su tutto il corpo si presenta ai vigili chiedendo aiuto. Immediatamente, quando si è di fronte a casi del genere, interviene il personale dell’Unità operativa tutela emergenze sociali e minori che in una condizione di sicurezza, ascolta le sue dichiarazioni e poi richiede l’immediato intervento dei sanitari, per verificare lo stato di salute. Oltre alle ferite recenti, sulla schiena ha decine di cicatrici probabilmente dovute alle frustate con la cinghia.
Una volta ricoverato in ospedale e in attesa dei risultati della Tac (che per fortuna escluderà danni) David inizia il suo drammatico racconto. Parla degli ultimi due anni trascorsi con il padre-padrone ubriaco che gli sferrava calci, pugni e schiaffi, lo insultava con parole di odio e disprezzo, con la madre che lo teneva fermo per non farlo scappare. Dalla donna che lo ha messo al mondo non riceveva carezze ma insulti e consigli ripetuti di andare a lavorare, perché «così si fa». Nessuno dei vicini osava impietosirsi, nessuno ha allungato la mano verso questo ragazzino dal fisico ancora gracile che aveva l’unica colpa di amare lo studio e si è ribellato a un sistema.
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Il Mattino