Ha trascorso l'ultimo mese di vita, con una certezza: il fratello Luca voleva ammazzarlo. Prima ancora che la sua esistenza finisse sotto i colpi di quaranta coltellate,...
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Da un computer di Luca, è spuntata una lettera scritta proprio dal 36enne e spedita ai suoi cinque fratelli, un testo che conferma il contrasto interno al gruppo di eredi in merito alla spartizione dell'eredità di famiglia. In questo testo, Luca si mostra dimesso e autocritico: ammette di non aver conseguito i risultati brillanti nello studio e nel lavoro ottenuti dagli altri fratelli, ma ricorda anche la difficoltà di portare avanti un progetto senza l'aiuto dei genitori. E non è tutto. Propone una soluzione per quanto riguarda la spartizione dei beni di famiglia, di fronte all'impossibilità di condurre una vita autonoma, preso per altro dall'impegno di studiare in vista del concorso notarile. Questione di vita o di morte, dice Luca ai fratelli, con un passaggio che oggi risulta quanto mai sinistro: «Assolutamente consapevole dell'importanza, nell'interesse comune, di far fronte ai pagamenti dovuti, con tempestività e passione, purtroppo non posso consentire che aspetti assolutamente vitali, per me come lo sarebbero per chiunque, vengano del tutto tralasciati, costituendo ciò, se non fosse chiaro, una esplicita condanna a morte». Poi, a leggere le decine di testimonianze messe a verbale, c'è l'intero mondo relazionale del professionista di Chiaia a finire sotto i riflettori.
Tocca a Valentina Guglielmi, amica storica di Luca, rispondere alle domande degli inquirenti. Viene ascoltata come testimone, dopo aver dato ospitalità all'amico di sempre, fino a quando - la mattina del 9 dicembre - Luca prenderà il taxi per darsi alla latitanza. Il 17 gennaio di un anno fa, Valentina ricordò alcuni particolari che dimostrano che da giorni Luca stava organizzando la sua fuga (pur non essendo formalmente ricercato, ndr): «Portò a casa mia un pacco di foto risalenti, dicendomi di conservarle in quanto erano suoi ricordi personali a cui teneva molto. Mi chiese inoltre di scaricare le sue foto che aveva pubblicato su facebook, cosa che io iniziai a fare, dicendomi che non voleva perdere questi suoi ricordi». E ancora: «Mi chiese di dargli il mio passaporto e mi chiese se conoscevo un posto dove poteva procurarsi una parrucca per travestirsi». Agli atti anche la voce di un minorenne, uno studente sulla scena del delitto, che sentì le ultime grida di dolore dell'ingegnere ucciso: «Ho sentito un'ultima richiesta di aiuto. Ormai la voce si era fatta rauca, ho visto un uomo con il casco che correndo si dirigeva verso piazzetta Quattro stagioni. Urlai a mia mamma: guarda, c'è uno col casco che sta scappando, mentre una donna urlava dicendo: lascialo».
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Il Mattino