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IL REFERTO
Un referto, quello degli specialisti del Cardarelli, chiesto dalla Procura di Napoli, come sempre avviene per i casi di vittime di abusi, probabilmente in vista di un incidente probatorio finalizzato a congelare le accuse dinanzi a un giudice e nel contraddittorio tra le parti. Cosa dicono ora gli specialisti del Cardarelli? Stando a quanto confermato da fonti attendibili, nel referto che verrà trasmesso in Procura lunedì mattina, il racconto della ragazza viene considerato «genuino», quindi attendibile: una testimonianza offerta da una persona lucida, pienamente calata nel proprio contesto, capace di stabilire un equilibrio spazio-temporale perfettamente integrato con gli altri. E le eventuali contraddizioni? Vengono ritenute fisiologiche in chi ha subito uno choc, chiariscono gli esperti. Ma cosa ha spinto i giudici a rivedere le conclusioni della Procura e la valutazione del gip Valeria Montesarchio? Decisivo il lavoro degli avvocati di Alessandro Sbrescia (i penalisti Eduardo Izzo e Giuseppina Rendina), che hanno battuto soprattutto sulla carenza di gravi indizi. Una nuova valutazione di quanto avvenuto nell'ascensore della circum di San Giorgio a Cremano potrebbe essere suggerita dai video interno della stazione. Ci sono alcune immagini che non suggeriscono scene di violenza o comunque di coazione. Anzi. Quando Sbrescia incontra la ragazza, la saluta con un bacio sulla guancia, fatto che poco si addice al precedente tentativo di molestia denunciato. Anche l'ingresso e l'uscita dall'ascensore sembrano prive di coazione, sempre secondo le immagini acquisite dalle telecamere. Stando al racconto della ragazza (per altro confermato venerdì mattina dinanzi agli specialisti del Cardarelli), in più di un'occasione sarebbe stato profferito un «non voglio» all'interno dell'ascensore, quanto basta a tenere in vita l'ipotesi dello stupro. Diversa la versione dei tre indagati, che hanno invece sottolineato il carattere consenziente del rapporto. Un altro punto sul quale la ragazza prova a fare chiarezza, sempre affidandosi al penalista Capozzo: «Non prendo l'ascensore, ho paura, soffro di claustrofobia. Anche quando torno a casa, uso le scale, mai avrei accettato di entrare in quattro in quell'ascensore, se ci sono finita è perché sono stata costretta a farlo».
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Il Mattino