Napoli, la gioventù bruciata del 15enne che accoltellò Arturo: «Seguirò i tuoi passi»

Napoli, la gioventù bruciata del 15enne che accoltellò Arturo: «Seguirò i tuoi passi»
Lo aveva giurato a se stesso, quasi una dichiarazione di intenti: «Mi disse di stare attento a dove mettevo i piedi e io gli risposi: attento tu che io seguo i tuoi...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Lo aveva giurato a se stesso, quasi una dichiarazione di intenti: «Mi disse di stare attento a dove mettevo i piedi e io gli risposi: attento tu che io seguo i tuoi passi». Una frase postata sul proprio profilo di facebook a marzo scorso, che entra spedita in una informativa di polizia giudiziaria, quasi come se fosse un elemento da tenere in considerazione nella valutazione della tempra dell'ultimo minore finito in cella per il ferimento di Arturo.

 
A chi si riferiva A.R.? Quali erano i «passi» che il minore (classe 2003) puntava a seguire, quasi fossero una stella polare? Riferimento diretto da parte di A.R., all'uomo che si tolse la vita in una cella di Poggioreale, dopo essere pesantemente sospettato per l'omicidio di Claudio Taglialatela. Storia di cattivi maestri, dunque, fatto sta che il baby aggressore di oggi è parente del presunto assassino deceduto circa quindici anni fa. Era il nove gennaio del 2004, quando l'uomo sospettato di essere l'assassino di Claudio Taglialatela si tolse la vita in carcere, dopo essere stato raggiunto da un provvedimento di fermo. Era accusato di un delitto orrendo, di aver sparato allo studente di 22 anni, alla guida dell'auto con cui aveva tentato di seminare i rapinatori.

Una scena scolpita in una lapide affissa lungo corso Umberto. Colpito al petto, Claudio si schiantò lungo il Rettifilo, il suo corpo rimase agonizzante per qualche minuto, una scena che non impietosì chi si imbucò nella vettura e gli sfilò il cellulare dalla tasca. Uno sciacallo, che avrebbe rivenduto quel cellulare per soli venti euro. Quindici anni dopo, ancora uno studente aggredito, ancora colpi mortali inferti alla gola, che hanno cambiato il timbro di voce di un ragazzino sopravvissuto all'aggressione di quattro coetanei.
 
Ma torniamo ai «passi da seguire», al modello di vita con cui si è confrontato A.R., sin dalla piccolissima età. Il suo modello era un uomo suicida a trent'anni; un personaggio ritenuto violento, gravato dal sospetto di aver ucciso uno studente per una manciata di euro. E, stando a quanto emerge dal suo profilo facebook (almeno a leggere la ricostruzione fatta dalla pg nell'informativa di reato trasmessa in Procura), il giovane aspirante omicida viveva nel mito di quel 30enne trovato impiccato in una cella di Poggioreale. Foto che scorrono, finanche un collage che unisce in parti uguali metà del viso di A.R. e metà del viso dell'uomo accusato di aver ucciso Claudio Taglialatela. Come a dire: siamo la stessa persona, abbiamo lo stesso destino.

E ancora la foto di un ragazzino che impugna una pistola, fino ad arrivare a quel post dello scorso 13 marzo, quello in cui il ragazzino ribadisce il concetto: «Seguirò i tuoi passi». Una data che dovrebbe far riflettere. Siamo in un periodo in cui erano già finiti in cella sia «'o nano», sia «tic tac», due amici del suo gruppo e il caso del giovane Arturo campeggiava da mesi sulle cronache cittadine. Eppure non c'è un attimo di esitazione da parte di A.R., nel ribadire la propria completa adesione alla vita del proprio parente morto in circostanze poco chiare a Poggioreale, a indicare quello stretto congiunto come il faro della propria vita.

Una inchiesta che ora attende le prossime mosse della Procura dei minori di Napoli, in una indagine che ha incrociato uno sbocco decisivo. Lunedì mattina, dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame si discute l'appello di «'o nano» (difeso dal penalista Emireno Valteroni), per il quale il gip aveva un mese fa rigettato una istanza di scarcerazione. Nelle ultime settimane è stato invece interrogato G.P., detto tic tac, che ha sostenuto la propria innocenza dinanzi ai giudici. Difeso dalla penalista Giulia Esposito, il «tic tac» del gruppo ha indicato indagini alternative, per altro fornendo un video dal proprio cellulare su cui fondare la propria speranza di essere scagionato. Mesi fa, «tic tac» ottenne una messa alla prova, il via libera ai servizi sociali per cancellare una condanna a due anni al termine di un processo per rapina. Un'occasione mai sfruttata, al punto tale che - secondo gli inquirenti - G.P. si sarebbe messo a capo del gruppo che ha sfregiato Arturo per rapinargli il cellulare. Poi c'è un quarto soggetto, un under 14. Legato ai Mauro della Sanità, ha vissuto blindato per mesi da un clima di omertà costruito ad arte da parte di soggetti abituati a confrontarsi con le accuse di camorra.


Non sarà processato, troppo giovane, anche se per lui dovrebbero scendere in campo i servizi sociali. Una vicenda scandita anche da indagini tecniche, che hanno ricostruito il tentativo da parte di tutti i soggetti del gruppo di cancellare tracce compromettenti dai propri cellulari, dai propri profili facebook. Ricordate una delle frasi via chat dopo il primo arresto? «'O nano fai l'uomo», era l'ordine da parte del presunto capo del gruppetto. E sono ancora le indagini della Mobile a confermare la scelta del «silenzio» da parte del primo indagato a finire in cella. Ora tocca alla Procura mettere a segno una nuova mossa, ad avanzare una probabile richiesta di rito immediato a carico dei tre indagati in cella del gruppo. Una richiesta che punta a chiudere un caso che ha segnato la recente cronaca cittadina e che fa i conti con un esempio di vita distorto preso a modello da parte di uno dei quattro indagati a distanza di 15 anni da due vicende dolorose. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino