Paola De Crescenzo, figlia del grande Luciano, sta portando avanti un grande lavoro perché la memoria del padre non si perda da quando lui è morto, l'anno...
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Signora De Crescenzo, non è felice?
«Felicità! Vurrià sapè ched'è chesta parola diceva Totò in una delle sue poesie, e mio padre si è interrogato spesso sulla stessa questione, alla quale ha provato a dare una risposta in uno dei suoi libri, Stammi Felice, edito da Mondadori. L'interrogativo non ha certo risposta facile ma mio padre, in poco più di cento pagine, prova a farci capire cosa vuol dire essere felice e lo fa, diciamo così, alla sua maniera, servendosi della sua amata e onnipresente filosofia. Senza tirarla troppo per le lunghe, direi che più che felice sono fiduciosa».
In che senso?
«Stammi Felice aiuta a farci comprendere che il raggiungimento della felicità e che il segreto per vivere relativamente bene è un processo lungo e ostico, che a volte può mutare completamente i nostri piani. Ecco, io sono fiduciosa che prima o poi, tra un anno, dieci o cento, al Comune si discuterà di nuovo del desiderio di mio padre di avere intitolata una strada, quella strada di Chiaia, e magari allora ci sarà chi riuscirà a convincere chi di dovere che una targa è un bell'omaggio ma mio padre voleva altro. Però un suggerimento per la cerimonia che spero si terrà davvero a luglio ce l'ho».
Prego.
«Quando si sistemerà la targhetta spero con tutto il cuore che sia posta vicino alla targa dove è scritto l'indirizzo del vicoletto, perché in fondo mio padre non voleva altro che starsene vicino alle belle donne. E allora, che ci sia poca distanza tra le due indicazioni, diamo l'idea che in fondo la volontà di mio padre, o meglio la sua aspettativa, sia stata rispettata».
Si sente tradita?
«No, per carità, non esageriamo, e poi al di là dell'ironia comunque mio padre qualcosa che lo ricordasse nella sua città l'ha ottenuta. Da quando si è parlato di cambiare nome al vicoletto e chiamarlo Luciano De Crescenzo ho sentito chi si opponeva per una questione di legame con la storia della strada in cui vive, e lo posso anche comprendere sotto certi punti di vista, e chi si lamentava perché in fondo mio padre da Napoli se n'era andato per trasferirsi nella capitale».
In quest'ultimo caso cosa rispondeva?
«Quello che mio padre mi ripeteva sempre, che Roma è un quartiere, abbastanza periferico, di Napoli. Ecco, lui si sentiva di vivere nei dintorni della sua adorata città natale».
Quindi parteciperà all'affissione della targa?
«Certo, magari si potrebbe pensare di distribuire per la città anche altre targhe, con qualche massima a cui lui teneva molto e che facciano capire ancora di più quanto fosse legato alla sua Napoli». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino