Mercato ittico, boss assolto: «Miei affari in calo: ora i danni»

Controlli dei carabinieri al mercato ittico di Salerno
Nessuna influenza del clan D'Alessandro sul porto salernitano. Nessuna mira del figlio del boss «Giginiello» sulla vendita di prodotti ittici sull'asse...

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Nessuna influenza del clan D'Alessandro sul porto salernitano. Nessuna mira del figlio del boss «Giginiello» sulla vendita di prodotti ittici sull'asse Castellammare-Salerno. È stato assolto in primo grado anche Michele D'Alessandro, pregiudicato 39enne, oggi libero come suo padre Luigi, ex killer del clan ritenuto dagli investigatori uno degli attuali capi della cosca che ha la sua roccaforte nel quartiere collinare stabiese di Scanzano.


Nonostante all'epoca delle contestazioni fosse detenuto, Michele D'Alessandro era finito a processo per fittizia intestazione, con l'aggravante mafiosa, di una società che commercializza prodotti ittici. Contestazione della Dda di Salerno in realtà già caduta in fase preliminare: le accuse mosse dall'Antimafia salernitana erano state bocciate sia dal gip che aveva negato gli arresti sia dal Riesame, che aveva disposto il dissequestro delle quote societarie della «DaMi Fish», società stabiese che in effetti ha le iniziali di Michele D'Alessandro, che compare tra i soci. Con lui ci sono la moglie Giovanna Girace e il cognato, Nunzio Girace, alias o mericano, amministratore della ditta e nel 2013 gambizzato in un agguato. Tutti hanno affrontato il processo con rito abbreviato dinanzi al tribunale di Salerno, tutti sono stati assolti.
 
La vicenda risale al 2012, quando la DaMi Fish ha acquisito del quote societarie di un banco del mercato del pesce di Salerno, diventando praticamente uno dei principali attori nella commercializzazione dei frutti di mare. E proprio D'Alessandro e il cognato Girace sarebbero stati i veri padroni della «Ittica Stabile srl». Secondo l'accusa, dietro alla compravendita con l'imprenditore salernitano Aniello Stabile c'era la mano del clan D'Alessandro e proprio di Michele, in quel momento detenuto ad Agrigento per scontare un residuo di pena per estorsione aggravata, reato commesso nel 2004 a Montecatini. In effetti, tra i soci della ditta figura anche lui, ma la difesa di D'Alessandro (assistito dall'avvocato Alfonso Piscino) è riuscita a dimostrare presentando ricevute fiscali, copie dei bonifici, preventivi e ordinazioni che i rapporti tra la DaMi Fish, Ittica Stabile e le altre aziende del comparto ittico salernitano erano puramente commerciali, con le operazioni che risultavano tracciabili.

Certo è che la sede dell'azienda proprio a Scanzano, nel rione fortino del clan con gli annessi precedenti di Michele D'Alessandro, le sue parentele «pesanti» e le dichiarazioni di un pentito che lo indicava come futuro capoclan al momento della scarcerazione (avvenuta nel 2016) avevano spinto l'Antimafia ad approfondire quei rapporti che non sembravano propriamente commerciali. Nel frattempo, però, il fardello dell'inchiesta ha portato a un netto calo degli affari per l'azienda dei D'Alessandro e Girace, che da tempo non ha più il suo ruolo predominante all'interno del mercato del pesce di Salerno: tanto che i due oggi fanno capire che potrebbero chiedere i danni allo Stato.

A processo erano finite in totale 17 persone, tutte assolte perché il fatto non sussiste. Tra questi figurano anche alcuni dipendenti della DaMi Fish e i titolari di una seconda azienda, la Ittica Oplonti di Torre Annunziata, anche loro scagionati da tutte le accuse. Tra novanta giorni, il gup del tribunale di Salerno pubblicherà le motivazioni della sentenza e, visti i puntuali riferimenti sulla vicenda clan D'Alessandro nel porto di Salerno all'interno delle relazioni semestrali della Dia, non è escluso che l'Antimafia faccia ricorso contro le assoluzioni di D'Alessandro e famiglia.
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Il Mattino