Mibact acquista lettere «dolenti» di Leopardi: destinate a Napoli

Mibact acquista lettere «dolenti» di Leopardi: destinate a Napoli
«Ogni ora mi par mill'anni di fuggir da questa città, dove non so se gli uomini siano più asini o birbanti». È un Leopardi straziato,...

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«Ogni ora mi par mill'anni di fuggir da questa città, dove non so se gli uomini siano più asini o birbanti». È un Leopardi straziato, «travagliato da un'estrema debolezza» quello che scrive all'amico Francesco Puccinotto, annunciando l'ennesimo viaggio, questa volta a Firenze e Bologna, che lo allontani dalla sua Recanati, amata e odiata oltre ogni dire. Una testimonianza autografa che stava andando in vendita all'asta e che il ministero dei Beni culturali è riuscito ad acquisire, insieme ad un poderoso corpus di lettere e minute di Ungaretti. Documenti preziosi «che ora verranno destinati alle Biblioteche nazionali di Roma e Napoli», annuncia soddisfatto il ministro della Cultura Bonisoli.


Sventata la vendita all'asta, l'acquisto, racconta il ministro, è avvenuto alla fine con una trattativa privata: 125 mila euro per il blocco Ungaretti e 100 mila per le tre lettere di Leopardi. Il primo andrà a Roma, per aggiungersi alle carte già presenti alla Biblioteca Centrale, il secondo a Napoli, dove la Biblioteca nazionale è già depositaria dell'80 per cento del patrimonio del poeta dell'Infinito e del Sabato del Villaggio.

Un acquisto che «risponde alla missione istituzionale di conservazione di documenti e testimonianze di alto valore culturale e al contempo costituisce una vera e propria operazione della memoria», commenta soddisfatta la dg biblioteche e istituti culturali del Mibac Paola Passarelli, sottolineando che le due acquisizioni, considerate di raro pregio, sono state sottoposte a vincolo, così come prevede il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio.

 
Ordinato in 13 cartelline dal genero del poeta, Mario Lafragola, il corpus di manoscritti e carteggi di Ungaretti comprende una copiosa e varia corrispondenza che gli studiosi hanno collocato principalmente agli anni '40 e '50 del Novecento e che ricostruisce e documenta l'eccezionale attività di relazioni culturali intrecciate dal poeta. In tutto 163 lettere ricevute o inviate dal poeta di Porto Sepolto e di Allegria con un elenco di nomi che insieme fanno la storia della letteratura del ventesimo secolo, da Attilio Bertolucci a Leonardo Sciascia, da Elio Vittorini a Pier Paolo Pasolini (che si rivolge a lui nel '56 per chiedergli di testimoniare al processo contro Ragazzi di Vita) da Corrado Alvaro a Mario Luzi, Giorgio Caproni, Lalla Romano, Edoardo Sanguineti, Alfonso Gatto, Vittorio Sereni, Ignazio Silone. Tante lettere, ma anche testi poetici in varie stesure, prose, testi critici, lezioni universitarie, bozze e appunti, per un totale di 630 carte che ora verranno studiate ed esposte nella sezione che la biblioteca romana ha dedicato dal 2015 al grande Ungaretti.


All'esame di storici e critici anche le tre commoventi lettere di Leopardi, tutte dirette all'amico, storico della medicina. Missive brevi, vergate con calligrafia minuta e ancora oggi perfettamente leggibile dal poeta che a tratti si lancia in ammonizioni filosofiche rispetto alla reputazione degli uomini e in altri passaggi si dispera sulle sue condizioni, sulla chiusura umana del paese natio, sulla salute che vacilla. L'ultima, sempre più accorata, è quasi un testamento, un bilancio nero della sua vita breve e tormentata, scandita da viaggi e desiderati e spostamenti difficili, partenze e ritorni dolorosi. Leopardi descrive il suo fisico, «travagliato da un'estrema debolezza dè nervi degli occhi e della testa, la quale mi obbliga ad un ozio più tristo assai della morte». Parla del corpo e sembra fotografare l'anima, piagata da dolori e delusioni. E la morte, che il poeta troverà sotto all'amato Vesuvio, sembra già nell'aria quando racconta all'amico che anche la filosofia, che per tanti anni lo ha aiutato a sfuggire alla noia, alla fine «annoia essa medesima». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino