Montanaro, l'artista che annuncia sui social la sua finta morte

Montanaro, l'artista che annuncia sui social la sua finta morte
«Il consumatore vive le proprie scelte come libere, e tuttavia egli stesso - vittima della coazione a distinguersi - cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli...

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«Il consumatore vive le proprie scelte come libere, e tuttavia egli stesso - vittima della coazione a distinguersi - cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli altri». Partendo da Baudrillard e dalla sua Società dei consumi, Noemi Montanaro, sensuale artista napoletana che che l'anno scorso ha partecipato al reality show televisivo «Riccanza», ha ideato la sua ultima performance artistica attraverso i social.


Da alcuni giorni ha, infatti, inscenato la sua morte, virtuale, scatenando tra le migliaia di follower incredulità mista a commozione. «Un artista non fa scherzi, ma performance» ammette. «La mia morte inscenata ha creato del dolore autentico del quale vorrei dirmi addolorata. Ma il dolore non è un male: soffrire è ancora sentire. È l'essere assuefatti al mezzo mediatico in una dimensione sospensoria e narcisisticamente autoproiettante il vero male».
La performance s'intitola «#Something» e sarà esposta a luglio allo Spazio Nea, si avvale di maschere degli inferi realizzate dall'artista Luca Arcamone, regia e foto sono di Luigi Pingitore e lo sponsor non poteva che essere di Bellomunno.

«La morte che ho proclamato è già avvenuta per me e per altri anni avanti. Ossia quando i social media hanno preso con prepotenza rabbiosa centralità nelle nostre vite strappandoci alla condivisione di momenti autentici. La vita va rispettata, dei nostri momenti bisogna essere custodi gelosi. Oggi viene condivisa la nostra giornata intera. Siamo tutti scarnificati nell'angoscia della trasparenza e nella spasmodica ricerca del consenso sociale. Viviamo tutti nella prigione di un Grande Fratello. Esistiamo soltanto nella nostra proiezione esteriore. Nessuno vive dentro se stesso».


Molte persone hanno appreso la «notizia» della sua «morte» guardando il profilo Instagram e Facebook. «Perché spiarci è diventato il mezzo attraverso il quale ci relazioniamo all'altro. A nessuno interessa condividersi autenticamente. Ci appaga appropriarci dell'altro succhiandone l'involucro esteriore, le abitudini. Ne conosciamo la ritualità, la quotidianità ma non sappiamo più nulla della sua anima. Questa è la società di oggi, questo siamo: spioni. Saccheggiatori di membrana virtuale. Una membrana sempre più impermeabile in cui perdiamo il respiro».
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Il Mattino