Monumentando, stangata del Tar: «No agli spot sulle Torri Aragonesi»

Monumentando, stangata del Tar: «No agli spot sulle Torri Aragonesi»
Stangata del Tar su Monumentando. Stop alla pubblicità sulle Torri Aragonesi, oggetto di un restauro iniziato il 7 novembre 2016, poi sospeso a seguito di un crollo. I...

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Stangata del Tar su Monumentando. Stop alla pubblicità sulle Torri Aragonesi, oggetto di un restauro iniziato il 7 novembre 2016, poi sospeso a seguito di un crollo. I lavori erano ripresi solo lo scorso febbraio, dopo l'approvazione da parte del Comune di una perizia di variante per la messa in sicurezza. Ma con sentenza depositata ieri mattina, la Prima Sezione del tribunale amministrativo della Campania - presieduta da Paolo Corciulo - ha fermato tutto, accogliendo il ricorso presentato da due società pubblicitarie e dall'associazione civica Mario Brancaccio, rappresentate dai legali Ezio Maria Zuppardi e Gaetano Brancaccio, e annullando la determina dirigenziale 3 del 14 febbraio scorso, con la quale il Municipio aveva preso atto della perizia di variante e affidato poi i lavori alla Uno Outdoor, con una proroga di 11 mesi per l'esposizione pubblicitaria, già autorizzata dalla Sovrintendenza. «È una sentenza storica - commentano Zuppardi e Brancaccio - Il Tar ha riportato interi passi della delibera dell'Anac del 2017, che censurava fortemente l'operazione Monumentando. Chiediamo la rimozione del Rup e le dimissioni degli assessori responsabili politicamente».

 
I giudici amministrativi hanno ritenuto la determina «illegittima», in particolare per due ordini di motivi. Il primo riguarda il «compenso aggiuntivo» concesso all'affidatario. «I lavori strutturali sulle Torri saracene - scrive il Tar - infatti dovevano ritenersi già contemplati nel bando di gara originario. Lo sponsor, dovendo predisporre anche la progettazione esecutiva, doveva formulare un'offerta che tenesse conto dello stato in cui ciascuno dei monumenti dei singoli lotti versava. La scheda tecnica relativa alle Torri del Carmine rilevava che lo «Stato di conservazione» era «pessimo» e che la tipologia di intervento prevista doveva comprendere, tra l'altro, il «Consolidamento strutturale». Una tale valutazione avrebbe dovuto essere eseguita già al momento dell'elaborazione del progetto definitivo. La delibera impugnata, invece, non evidenzia le ragioni per le quali le opere di consolidamento strutturali siano state considerate escluse dall'importo originariamente quantificato, dando per scontato che esse non fossero oggetto dell'offerta iniziale, laddove avrebbero dovuto esserlo in base alla legge di gara».


Secondo motivo riguarda «il valore dell'appalto. La perizia di variante non risulta aver rispettato il limite del quinto, avendo rapportato l'importo dei maggiori costi degli interventi aggiuntivi, 715mila euro circa, al valore stimato dell'intero contratto di sponsorizzazione 3,5 milioni, anziché al valore del solo lotto IX (Torri del Castello del Carmine, 486mila euro), ed avendo computato esclusivamente detti maggiori costi, senza tener conto degli ulteriori utili conseguibili dall'impresa sponsor in ragione del prolungamento dei tempi di esposizione pubblicitaria». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino